Il dramma di Parete e i brividi del rabbino

Il sopravvissuto di Dachau parla alla folla: «Ho vissuto l'orrore sulla mia pelle»

 MONTESILVANO. «Io sono l'ultimo finanziere del satanico campo di sterminio di Dachau. Lì dentro ho subito migliaia di frustate e percosse e sono diventato l'uomo numero 142.192 anche se io mi chiamo Ermando Parete, sono nato ad Abbateggio e ho 88 anni. Mio malgrado, ho vissuto la storia sulla mia pelle e il mio dovere è raccontarla». Con queste parole, Parete ha riportato indietro le lancette della storia a 66 anni fa e spiegato che significa l'«orrore nazista»: anche il rabbino ha avuto i brividi.  In occasione del giorno della Memoria, l'ex sottufficiale della finanza ha partecipato al convegno organizzato dalla fondazione Parete Bratspis Shalom. Ad ascoltare la testimonianza di Parete, sopravvissuto al campo di sterminio di Dachau, una folla di duecento persone nella sala Di Giacomo di palazzo Baldoni. Dopo gli interventi del vicesindaco Claudio Daventura e del consigliere Adriano Tocco, ha partecipato al convegno anche il consigliere provinciale dell'Idv Attilio Di Mattia, vicepresidente della fondazione che ha l'obiettivo di difendere il valore del ricordo. All'incontro ha preso parte anche Shalom Hazan, rabbino e direttore del Centro ebraico di Monteverde: «È necessario tenere alta la guardia», ha detto il rabbino, «perché il germe dell'odio può tornare». A rilanciare l'avvertimento è stato anche Niccolò Rinaldi, eurodeputato dell'Idv, ex responsabile dell'informazione dell'Onu in Afghanistan: «La colpa del massacro nei campi di sterminio non è soltanto dei tedeschi, anche l'Italia ha offerto una sponda», ha detto Rinaldi, autore del libro "Piccola anatomia di un genocidio. Auschwitz e oltre". Si tratta di un'opera che raccoglie le testimonianze dell'orrore e, in un passo, viene riportato il racconto di un poliziotto di un battaglione: «Tentai di uccidere solo bambini e ci riuscii. Siccome le madri tenevano i bambini per mano, il mio vicino uccideva la madre e io il figlio, perché ragionavo tra me che dopotutto, senza la madre, il figlio non avrebbe più potuto vivere».  Quando il microfono è passato a Parete, il gelo è calato sulla platea: «A tanta distanza di tempo, può apparire irreale che in quegli anni ci siano stati uomini che indossavano la divisa delle Ss e che possedevano il diritto di vita e di morte su altri esseri umani, uomini e donne, non importa se giovani, vecchi o bambini. A Dachau, per essere fucilati bastava un niente: non togliersi il berretto al momento giusto o cadere per terra perché stremati dalla fatica dei lavori forzati e dalla fame o ancora non rispondere prontamente alla chiamata perché si ignorava il tedesco e quel numero gridato dai soldati». Alla platea, Parete ha affidato una frase che ha imparato a memoria e ripete in tutti gli incontri: «Ho vissuto ogni giorni come fosse l'ultimo. All'alba, una domanda: resterò vivo fino a sera? Pensavo, quando mi fucileranno morirò gridando "viva la guardia di finanza, viva l'Italia"».  Durante il convegno sono stati esposti quadri sul tema dell'Olocausto dipinti da Mira Cancelli. Nella seconda parte, inciso musicale e letterario con Luisa Torrese, Giovanni Ciaffarini, Ubaldo Di Gregorio, Nicola Russo, Carlo Castorani, Maria Rosaria D'Orazio e Camillo Bosica. (cr.pe.)

© RIPRODUZIONE RISERVATA