Le agenzie funebri: in prima linea per dare conforto nell’emergenza 

I titolari spiegano come è cambiato il loro lavoro con il Covid: «Ci trema l’anima in certe situazioni» La difficoltà nel reperire i dispositivi di protezione aumenta il timore per il rischio di restare contagiati

PESCARA. Non è affatto facile. Per gli addetti delle imprese di pompe funebri è dura affrontare l’emergenza coronavirus, perché il lavoro porta con sé dei rischi, e fino a pochi giorni fa non è stato semplice reperire il materiale per proteggersi. E anche perché chi muore non può neppure essere salutato con una cerimonia degna di questo nome, con tutto il dolore che una limitazione del genere porta con sé. C’è solo una benedizione, prima della sepoltura.
LE MESSE IN SUFFRAGIO E nulla più, in attesa delle messe in suffragio che potranno essere celebrate solo quando la situazione migliorerà. Se poi le famiglie delle persone decedute sono in quarantena, chiuse a casa, tocca alle imprese di pompe funebri gestire tutto, dalla A alla Z, dopo aver ricevuto indicazioni telefoniche.
Ma anche quando il decesso avviene a casa, il lavoro da svolgere è particolarmente delicato, per le disposizioni da rispettare. Ma la cosa più importante «in queste settimane è riuscire a trovare le parole», dice Pier Paolo Di Rocco, presidente della Federazione del comparto funerario italiano e titolare dell’impresa Aeterna insieme al fratello Federico. «Dobbiamo spiegare per bene alle famiglie cosa è consentito e cosa non lo è, senza far pesare gli aspetti burocratici e le normative a cui dobbiamo attenerci. E poi c’è l’aspetto operativo, pratico, perché dobbiamo seguire procedure particolari per le persone risultate positive al Covid-19. Insomma, noi non siamo quelli che trasportano le salme al cimitero, come si potrebbe pensare».
LA MISSIONE Mentre il telefono squilla a ripetizione, Di Rocco rivolge il suo pensiero ai ragazzi che lavorano con lui, e li ringrazia «per il coraggio, l’umanità e la pietas. Siamo in prima linea, siamo a rischio come il personale sanitario, ma capiamo che è una missione ed è un servizio alla comunità. E quindi la viviamo così, cerchiamo di darci forza l’un con l’altro, altrimenti cadiamo e rischiamo la depressione».
E proprio con questo spirito di servizio Di Rocco ha deciso di mettere a disposizione di chiunque «duemila mascherine ordinate tempo fa, non a norma per il marchio CE ma impermeabili, realizzate con materiale antibatterico e antigoccia». Possono essere ritirate nelle sedi di Aeterna «amministrazioni e associazioni, ma siamo anche disponibili a consegnarle a casa». Di Rocco parla anche del rapporto che si instaura con le famiglie dei defunti. «Ci trema l’anima, in certe situazioni, perché avvertiamo quello che avviene, e lo avvertiamo profondamente».
IL BACIO ALLA MAMMA Basti un esempio. Qualche sera fa Di Rocco è stato contattato da un amico, ma anche cliente, attorno alle 23: «Per la mattina successiva era stata fissata la cerimonia di benedizione della madre, il resto della famiglia era in quarantena. Questo mio amico mi ha detto al telefono: “Il bacio non si può dare, ma dai tu l’ultimo saluto a mamma da parte mia?”. C’è anche chi chiede di comprare una rosa per il defunto, chi ci consegna un rosario. E non possiamo far altro che coccolare chi soffre, cercando di superare la mancanza del funerale con la trasmissione in streaming della benedizione».
Con l’emergenza coronavirus il lavoro «è cambiato tanto, dal punto di vista emotivo», dice Emidio De Florentiis, che solleva anche il problema legato alla mancanza di dispositivi. La stessa preoccupazione è stata di Aldo e Pino De Vincentiis dell’impresa San Pio, che solo pochi giorni fa hanno ricevuto il materiale per proteggersi.
IL RISCHIO DI CONTAGIO «C’è la possibilità di contagio anche per noi, quindi dobbiamo prestare attenzione maggiore», fa presente De Florentiis, «ma non è semplice reperire tute, mascherine e calzari». Ma c'è altro, a rendere questo periodo particolare: «Siamo abituati a stare al servizio della sofferenza, ma ora più che mai affrontiamo con grande apprensione il dolore di famiglie che hanno visto l’ultima volta i propri cari il giorno del ricovero, e non possono vivere la fase del distacco».
Eppure, tutti comprendono. De Florentiis rimane colpito dalla «intelligenza di chi capisce il momento, è preparato psicologicamente alla sofferenza di chi è morto e accetta il protocollo da rispettare. In tutti i familiari di chi non c’è più ho notato rassegnazione, timore, paura e un alone di terrore, che sono un po’ il filo conduttore di questo tempo. Anche per noi è una situazione surreale e drammatica», aggiunge De Florentiis.
In questa fase la prudenza è massima, per cui ha preferito «lasciare a casa moglie e figlie», che lavorano con lui e alle quali cerca di «trasmettere tranquillità». Ai suoi collaboratori, poi, raccomanda la «massima attenzione, e lo faccio fino allo sfinimento. Paura? Certo, ne abbiamo. Ma non ci possiamo sottrarre agli impegni». Per la mancanza di mascherine, «che abbiamo acquistato su internet ma sono state bloccate in dogana», Aldo e Pino De Vincentiis si sono rivolti anche alla Protezione civile, chiedendo aiuto. «Dobbiamo proteggerci e far proteggere i nostri collaboratori, muoverci con tutte le precauzioni, perché spesso ci occupiamo di persone di cui non sappiamo la causa di morte, se erano positive o meno. E lo stesso vale per i familiari. I modelli Ffp2 e Ffp3 che servono a noi erano introvabili e solo pochi giorni fa è arrivato il materiale ordinato, tute e mascherine».
LE BENEDIZIONI C’è poi la tristezza per chi muore da solo, in ospedale, lontano dalle famiglie e dagli affetti. «Il parroco della Madonna dei sette dolori, padre Vincenzo, si occupa delle benedizioni, ogni volta che lo chiamiamo, in obitorio o al cimitero. Ma nel momento in cui finirà tutto, gli chiederemo di celebrare una santa messa per chi ha perso la vita in queste settimane, nominando tutti, uno a uno».
©RIPRODUZIONE RISERVATA