Lucia, una vita per la famiglia I vicini: «Nessuno li ha aiutati»

Originaria di Chieti, era rimasta vedova circa trent’anni fa con quattro figli da tirare su Nell’appartamento del lungomare Cristoforo Colombo in tanti la ricordano con affetto e stima

PESCARA. Chi era Lucia Zafenza? Prima di tutto una donna forte, dignitosa, una madre di quattro figli che non si era lasciata piegare dalle disgrazie della vita. A cominciare dalla perdita, circa trent’anni fa, del marito Gustavo, dipendente della Standa con cui lei, originaria di Chieti, aveva tirato su, in quel condominio ai bordi della marina sud, i due gemelli, un maschio e una femmina oggi 53enni, e gli altri due maschi arrivati uno dopo l’altro. «Lucia sapeva il fatto suo», dice una pensionata del rione che la conosceva bene, «se l’è saputa sempre cavare con dignità, anche se ha avuto non pochi problemi».

Una pensione minima, un figlio che è andato fuori Pescara, la femmina che si è sposata e i due scapoli disoccupati, Francesco e Sandro, il terzogenito, che sono rimasti con lei, comunque colonna e punto di riferimento della famiglia. Così fino a quando la malattia, «l’Alzheimer» dicono i vicini, non ha preso il sopravvento trasformando questi ultimi cinque anni in un calvario per lei e per i figli. In particolare, proprio per Sandro che quando lo chiamavano a lavorare in una catena di supermercati cercava di contribuire al bilancio familiare fino a quando parole come “budget” e “crisi” non lo ributtavano di tanto in tanto nella sala d’attesa della vita. Ad aspettare ancora un altro contratto, ancora per un altro po’.

«Per lo più, accudiva la madre 74enne», racconta ancora la vicina, «anche se a gennaio pare che doveva rientrare al lavoro». In quella piccola palazzina quasi di fronte al porto turistico, a un passo dal ponte del mare e dalle luci della ruota panoramica, i tre componenti della famiglia Buoiocchi avevano imparato a vivere così, come equilibristi senza rete.

«Li hanno lasciati soli», denuncia un’altra residente della zona, «tante volte abbiamo chiamato i servizi sociali, l’ambulanza, era una situazione che non poteva continuare». Una casa pieni di gatti, «almeno una quindicina in giro per quel pianerottolo», racconta ancora la vicina, «e ultimamente uno dei figli ha preso pure un cane».

Una situazione di degrado che nessuno, in quella casa, avrebbe mai voluto e che sicuramente Lucia, la signora Lucia come la chiamano in questo fazzoletto di vita a due passi dagli yacht del porto turistico, non avrebbe meritato. (s.d.l.)

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