Masci: appalti e cocaina, chiedo i danni agli arrestati 

Il sindaco contro D’Alfonso: questa non sarà mai la città del “grande affare”

PESCARA. Il sindaco Carlo Masci abbandona la linea morbida dei primi giorni e cambia registro: «Allo sconcerto iniziale è subentrata la rabbia perché tutto questo è intollerabile», dice Masci che affida il suo pensiero a una lettera di 25 righe diffusa il giorno dopo il vertice del centrodestra con i big di Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega. Nella lettera il sindaco passa in rassegna i «riflessi politici» del caso Trisi – un giro di appalti, tangenti e cocaina con 4 arresti –, difende la sua maggioranza e contrattacca all’opposizione che ne chiede le dimissioni da lunedì scorso. Nella lettera, il sindaco non menziona la proposta di test antidroga per politici e dipendenti comunali.
SCONTRO POLITICO Manca un anno alle elezioni comunali e la campagna elettorale inizia già tra i veleni. Tra i bersagli di Masci c’è anche il deputato Pd Luciano D’Alfonso: «All’onorevole D’Alfonso, sindaco emerito di Pescara la cui storia passata e recente parla per sé, che ha usato un linguaggio greve e spregiudicato, ricordiamo che la grande Pescara non è e sarà quella da lui paventata di “grande cocaina”: al contrario», dice Masci, «ci sentiamo di rassicurarlo che non è e non sarà né quella del “grande affare” né tanto meno quella del “grande malaffare”. Pescara non è una città in saldo e i suoi amministratori non sono in vendita: se ne faccia una ragione».
OTTO GIORNI NERI Ormai sono passati 8 giorni dall’arresto di Fabrizio Trisi, dirigente ai Lavori pubblici del Comune, 54 anni, vicino a Forza Italia, accusato di corruzione, peculato, turbativa d’asta e spaccio di cocaina. Insieme a Trisi, sono stati arrestati l’imprenditore Vincenzo De Leonibus, 42 anni di Città Sant’Angelo, e due presunti spacciatori pescaresi, Vincenzo Ciarelli e Pino Mauro Marcaurelio. Trisi si era dimesso 48 ore prima dell’arresto e Masci aveva accettato le dimissioni parlando di «gesto nobile che denota un profondo senso di responsabilità e del dovere». E poi: «A lui rinnovo il mio personale apprezzamento come uomo e come professionista, unito al dispiacere per la sua decisione, che comprendo e rispetto». Masci aveva usato anche i termini «impegno» e «competenza».
ALL’ATTACCO Ora la virata improvvisa: «È stato tradito il vincolo di fiducia, sono stati traditi gli impegni contrattuali ed è stata tradita la deontologia professionale. Il Comune è stato danneggiato da questa vicenda, a tutti i livelli, ma ha dimostrato di avere un’articolazione e una struttura politico-amministrativa sana. Quanto alle conseguenze», annuncia Masci, «è scontata la costituzione di parte civile non appena sarà concessa dalla legge». È la prima volta che il sindaco parla di chiedere un risarcimento danni a Trisi e agli altri arrestati per il danno d’immagine provocato al Comune. Insieme a Trisi sono indagati anche due collaboratori: secondo Masci, si tratta di casi singoli. «Stiamo parlando di dipendenti infedeli, non certamente di un sistema corrotto e neppure di contaminazione corruttiva come qualcuno vorrebbe far credere. Nessun politico è tirato in causa e», sottolinea il sindaco, «i dipendenti coinvolti sono una minoranza irrisoria rispetto all’intero corpo comunale con cui mi confronto ogni giorno e di cui apprezzo lavoro e impegno».
CONTRO L’OPPOSIZIONE Il Pd e il M5S rilanciano, ogni giorno, la richiesta di dimissioni del sindaco: «Trovo singolare e anche patetico che l’opposizione, a corto di argomenti e in perenne affanno per questo, si levi col ditino alzato a fare la morale come se in casa propria», dice il sindaco, «non avesse avuto uno scandalo che ha riguardato amministratori e politici, e la cui scia giudiziaria ha consentito a qualcuno di sedere sui banchi del consiglio comunale». Masci torna, poi, alla presenza dei consiglieri di minoranza in sala giunta durante la conferenza stampa di venerdì scorso convocata per fare il punto sulle conseguenze dell’indagine: «L’opposizione dimentica anche le regole deontologiche e di buona politica facendo irruzione in conferenza con una sceneggiata indegna di un luogo istituzionale».