Omicidio di Vasto, la madre di Fabio rivela: «Roberta aspettava un bambino»

Il marito omicida sarebbe diventato padre proprio all'inizio di febbraio. Di Lello aveva donato ai genitori non solo la casa ma anche la quota del forno

VASTO. L’inchiesta sul delitto d’amore prosegue. Facendo emergere particolari che chiariscono il clima in cui è maturata la tragedia, e i probabili motivi che hanno spinto Fabio Di Lello a desiderare la morte di Italo D’Elisa.

LA PRESUNTA PATERNITÀ. Fabio Di Lello, 33 anni, sarebbe diventato papà in questi giorni. L’allenatore, che di mestiere faceva il panificatore, sparando a Italo D’Elisa, 22 anni, ha punito chi ha ucciso in un incidente stradale l’adorata moglie, Roberta Smargiassi, 34 anni, impedendole di dargli il figlio tanto sognato. È una ipotesi formulata subito dopo il delitto, e ora confermata dai genitori di Fabio, Lina e Roberto. Dopo aver negato a lungo la circostanza, ieri la mamma di Fabio ha ammesso che Roberta avvertiva i fastidi tipici di una gravidanza. «Erano iniziate le nausee, e la notte in cui è morta stava tornando a casa per preparare la festa dell’annuncio», ha raccontato alla stampa la mamma di Fabio Di Lello. Quella maledetta sera con Roberta sarebbe quindi morta anche la creatura che aveva in grembo, e che sarebbe venuta al mondo in questo periodo. Probabilmente, è stato questo dettaglio a far impazzire di dolore Fabio Di Lello, che non è riuscito a metabolizzare il lutto. Non ha accettato la morte di Roberta, sua moglie, e madre di suo figlio.

leggi anche: Omicidio di Vasto, Di Lello in carcere sorvegliato a vista Il gip Salusti ha convalidato l'arresto del panettiere che mercoledì scorso ha ucciso con tre colpi di pistola Italo D'Elisa. L'uomo è in isolamento e tra i libri da leggere ha scelto un romanzo di Evans. Il padre di Italo da Giletti su Rai1: «Mio figlio era un morto vivente». E il procuratore Di Florio: «Non si poteva arrestare»

L’OSSESSIONE. Chiedeva una punizione per chi aveva ucciso Roberta, e temeva che nessuno pagasse. Il dolore ha rapito la sua mente. A settembre ha acquistato una pistola. Da quattro mesi si allenava regolarmente al poligono di tiro. I genitori cercavano di non contraddirlo per tenerlo tranquillo. La sua casa era diventata il camposanto, l’unico posto dove riusciva a trovare pace. «Di notte di saltava il muro del cimitero per restare con lei. La mattina entrava prestissimo, e spesso ci restava tutto il giorno. Lo ha fatto per mesi», conferma il custode del cimitero. Poi finalmente si è affidato a un medico. Pare che da poco assumesse tranquillanti. I farmaci lo facevano dormire, e questo a lui dava fastidio. Voleva stare al cimitero. Aveva anche smesso di lavorare per stare vicino a Roberta. Solo qualche giorno fa la madre pare avesse chiesto il ricovero del figlio. Ma per ricoverarlo era necessario anche il suo consenso, e difficilmente avrebbe accettato. Il ricovero non gli avrebbe permesso di stare al cimitero. Ora è questo quello che gli dispiace di più, il non poter tornare da Roberta . Pare abbia chiesto alla famiglia di andare.

I LASCITI. E sempre alla famiglia aveva lasciato tutto quello che aveva. Non solo la casa, ma anche la quota del forno. Un particolare che avrebbe dovuto insospettire i genitori di Di Lello. Probabilmente erano convinti che accondiscendendo ai suoi desideri sarebbero riusciti a farlo curare e a guarire. Non è stato così, e ora Fabio rischia il carcere a vita. L’accusa è omicidio volontario aggravato dalla premeditazione. «Sono le azioni di Fabio Di Lello a raccontare la programmazione di un gesto che evidentemente aveva deciso», afferma l’avvocato Pompeo Del Re, che attraverso una propria indagine investigativa sta cercando di risalire a tutti i possibili complici del disegno di Fabio. Esperti e studiosi sono daccordo con i D’Elisa . «Non c’è un solo colpevole. Ci sono dei colpevoli. Il corteo fatto a luglio è stato l’origine dell’odio», ha detto il professore Stefano Zecchi. Roberta Smargiassi era indubbiamente molto amata. Era una ragazza dolcissima. Ma anche Italo D’Elisa era considerato una vittima. «Il peso di una morte provocata in un incidente lo aveva distrutto», confermano i parenti e gli amici.

Ieri Furci, il paese di mamma Diana, e dove Italo è cresciuto e ha vissuto le prime esperienze con la protezione civile, lo ha ricordato durante l’incontro di calcio della squadra locale. Sugli spalti sono comparsi degli striscioni con la scritta “Sempre con noi... Ciao Italo”. Gli atleti dell’Aurora Furci hanno giocato con il lutto al braccio. )

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