Parroco ricattato, in aula i fedeli 

La trappola “a luci rosse”. I testimoni: abbiamo dato soldi a don Camillo, diceva di dover aiutare una famiglia

PESCARA. Oltre una ventina di testimoni, quasi tutti parrocchiani, hanno sfilato, ieri pomeriggio, in Tribunale nell’ambito del processo sui ricatti a luci rosse ai danni di don Camillo Lancia, 74 anni, ex parroco di Città Sant’Angelo, finito in una “trappola” a luci rosse ordita, secondo l’accusa, da una intera famiglia di Montesilvano: Eraldo Scurti, 55 anni di Pescara, la moglie Claudia Palma D'Andrea, 50 anni nata in Svizzera e il loro figlio Alessio Scurti di 35 anni. La coppia è accusata di estorsione mentre il figlio solo di riciclaggio per aver fatto transitare sul suo conto una serie di assegni del sacerdote. Una estorsione che, a detta della procura, è superiore ai 500mila euro; per il sacerdote, parte offesa, assistito dagli avvocati Giovanni e Alfredo Mangia, sfiora addirittura i 750mila euro.
Il processo proprio per il gran numero di testi, tutti del pm, è durata 4 ore. Ai giudici del collegio, hanno raccontato di aver versato dei soldi a don Camillo, il quale diceva che servivano per aiutare una famiglia in difficoltà. Hanno spiegato che era comunque molto agitato, prostrato e impaurito. Non era più la persona e il sacerdote che conoscevano. Si percepiva che c’era qualcosa che non andava e che qualcuno lo spaventava. Uno di loro, carabiniere, ha riferito di essersi insospettito dopo aver sentito delle voci in giro. E pertanto di aver cercato di avvicinare il sacerdote e di ottenere da lui una confidenza. Ha parlato, quindi, di una busta chiusa che il prete gli avrebbe consegnato, dicendogli di tenerla con sé e di aprirla qualora gli fosse accaduto qualcosa. Il testimone è stato invitato a depositarla nella prossima udienza, in programma il 27 settembre, così da poterla visionare.
La busta, di cui sino a ieri nessuno sapeva nulla e che don Camillo ha detto di non ricordare, ha rappresentato un il colpo di scena della giornata.
La difesa dei tre imputati, rappresentata dall’avvocato Melania Navelli, ha evidenziato incongruenze nel racconto del sacerdote rispetto proprio a quanto riferito dai testi.
Il 27 settembre si continuerà con l’esame dei testimoni della pubblica accusa. La vicenda inizia nel 2014 quando la donna si rivolge al parroco chiedendogli un aiuto economico. Comincia fra i due, quindi, una sorta di frequentazione, senza però risvolti sessuali. Poi, un giorno, l'uomo prende il sopravvento sul prete e le chiede di mostrargli qualcosa. Passa qualche giorno e scatta la trappola. Don Camillo viene invitato dalla 50enne a casa sua, e mentre iniziano a spogliarsi arriva il marito fuorioso. Di qui i ricatti e le richieste di denaro continue.