Pescara, default e crisi strutturale: ecco da dove viene il buco finanziario

Alessandrini presenta i conti: per sostenere le spese correnti c'è bisognod dell'anticipo di ingenti risorse finanziarie da parte di una banca

PESCARA. L’incognita del secondo parere negativo del collegio dei revisori dei conti e le tabelle dei bilanci marchiate dall’accumulo di cifre a sei zeri con il segno meno, proiettano sul Comune l’ombra lunga del predissesto finanziario. Numeri alla mano, il ricorso obbligatorio alla procedura di riequilibrio pluriennale appare come uno spettro che agita i sogni del sindaco Marco Alessandrini e degli assessori della giunta di centrosinistra.

Per questa ragione, ieri mattina, è stata partorita la seconda “operazione verità” passando al setaccio la situazione contabile ereditata dal centrodestra, il bilancio possibile e il programma futuro.

Dal 16 giugno scorso, passaggio ufficiale di consegne tra il sindaco di ieri, Luigi Albore Mascia, e quello di oggi Alessandrini, è stato certificato un disavanzo di gestione sul rendiconto 2013 pari a 4 milioni e 285 mila euro. A questa cifra si aggiunge uno scoperto di conto corrente di 26,5 milioni di euro (18 milioni di euro rilevati dalla tesoreria più altri 8,5 milioni di mandati di pagamento giacenti), i 16 milioni di fondi vincolati usati per coprire le spese correnti dello scorso anno e i circa 30 milioni fermi in ragioneria come “atti di liquidazione delle spese correnti”. Somme che cozzano con i 6 milioni di euro in meno rispetto alla previsione di entrata e con le altre criticità registrate, come i simbolici 387 mila euro di spese elettorali.

L’asettica freddezza dei numeri non sembra suggerire alcuna via di salvezza, al punto che Alessandrini arriva a paragonare il Comune a «un malato a cui dobbiamo somministrate medicine».

Lo stesso andamento di cassa, dal 2009 al 2013, impone alcune riflessioni: rispetto ai 19 milioni e 318 mila euro dell’inizio della consiliatura guidata da Mascia, si è passati a 2 milioni e 380mila euro dello scorso anno. «Sono venuti meno 50 milioni di risorse finanziarie», spiega l’assessore al Bilancio, Bruna Sammassimo, «c’è stata una significativa e consistente riduzione della cassa disponibile, fino a giungere all’utilizzo di fondi vincolati per sostenere le spese correnti e, nella prima parte del 2014, al ricorso all’anticipazione di ingenti risorse finanziarie da parte della banca Caripe».

Come si legge sul Dur (Documento unico di programmazione 2014-2016), la forbice tra i residui passivi certi e quelli attivi di dubbia esigibilità ha portato all’inserimento in bilancio di entrate «in parte sovrastimate e comunque non aderenti alla realtà».

Persino le 6.000 cartelle pazze della Tares 2013, con gli importi schizzati verso l’alto poiché conteggiati in maniera errata, sono finite nella tabella dei crediti. In altre parole siamo in presenza di un disequilibrio strutturale e di una crisi di liquidità senza precedenti. Come ha spiegato il dirigente del settore tributi, Guido Dezio, con il bilancio di previsione 2014-2016 si dovrà dare copertura al disavanzo di 4 milioni e 285 mila euro: 500mila euro da versare entro fine anno, 1,5 milioni nel 2015 e 2 milioni e 285 mila euro nel 2016.

La legge prevede di trovare i soldi ricorrendo alla vendita del patrimonio comunale disponibile e, in caso di assenza di acquirenti, sul Durc è specificato che si dovrà ricorrere a «risorse proprie» attraverso «economie di spesa o accertamenti di nuove entrate».

In attesa di conoscere se l’aumento della leva fiscale e i vari correttivi previsti dal centrosinistra consentiranno ai revisori di dare l’ok al bilancio di previsione 2014 e a quello pluriennale, scongiurando così il predissesto, il sindaco ha snocciolato alcuni impegni, tra i quali «revisione dei residui, lotta all’evasione, razionalizzazione tariffe dei servizi a domanda individuale, rinegoziazione mutui, istituzione zona franca urbana, potenziamento differenziata e interventi nell’edilizia». Gli stessi presentati nel pomeriggio ai sindacati Cgil, Cisl, Uil e Ugl che hanno confermato la sospensione della protesta.

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