Pescara, l’altra faccia della movida. Una notte tra liti e disperati

I vicoli del divertimento dagli aperitivi alla moda e cene tipiche nei locali fino all’aggressione in strada a un anziano. I soccorritori: lavorare qui è un caos

PESCARA. Ore 23 di venerdì: tre macchine della polizia e un’ambulanza della Misericordia sono ferme in via Orazio. Gli agenti ascoltano i testimoni della lite appena scoppiata in strada; i volontari in divisa gialla e azzurra assistono un anziano che con una mano si tiene un fianco perché ha male alle costole; nel rilevato ferroviario diventato un parcheggio a pagamento il disperato che dorme su un materasso con le lenzuola sporche non se ne accorge neanche: continua a dormire con accanto un mappamondo, due pacchetti di Marlboro e una bottiglia di birra, tutto riposto nella scatola di cartone dei pannolini. Comincia così il fine settimana di Pescara vecchia: con i lampeggianti accesi e l’incubo della violenza che ritorna. Per questa parte della città che ha saputo allungare la movida dall’aperitivo alla discoteca fino a farla diventare un’industria, il giorno più lungo di arresti e denunce finisce nello stesso modo in cui è cominciato: per strada si parla ancora dell’operazione dalla squadra mobile e già si riaccendono le sirene. Due bande – per adesso solo 10 persone, minorenni compresi, anche se il numero potrebbe allargarsi con la fase bis delle indagini – pronte a trasformare i vicoli del divertimento in ring: aggressioni a caso in via dei Bastioni e corso Manthoné, come i pugni in faccia a un poliziotto, al figlio di un avvocato e al nipote di un magistrato, e rapine ai minorenni, caricati in auto con una scusa e poi picchiati, spogliati e lasciati senza più soldi e cellulari. Alle 23 di venerdì un’altra aggressione ma, per la polizia, è soltanto una lite da niente. «Ma a volte è un caos prestare soccorso a Pescara vecchia», dice Gianluca D’Andrea, a capo della Misericordia, «è capitato che ci abbiano spintonati o che qualcuno abbia preso a botte l’ambulanza, ma noi ci siamo sempre».

Nel giorno in cui la movida pescarese mostra all’Italia la sua faccia cattiva, le strade del centro storico brulicano lo stesso di gente: è un venerdì come un altro. Ieri, sabato, stessa scena con ancora più poliziotti, più finanzieri, più carabinieri e più vigili urbani del solito in mezzo alla folla: l’obiettivo dichiarato della questura, con il vice della Mobile Dante Cosentino a coordinare il servizio, è mettere in mostra le forze dell’ordine tra la gente come antidoto alla violenza «gratuita e rilevante», come scrive il gip Gianluca Sarandrea su una delle ordinanze d’arresto.

È un miscuglio di persone Pescara vecchia: dagli studenti che non hanno ancora 18 anni e che camminano con il casco in testa per cercare visibilità fino a chi di anni ne ha più di 30 o 40. Pescara vecchia accoglie tutti anche se i ristoratori lo confessano: puntano al pubblico degli adulti perché sono loro che possono spendere di più e che non creano quelli che le forze dell’ordine chiamano «problemi di ordine pubblico». Ma non è così per tutti: i cicchetti low-cost sono una costante. Tanto che anche il questore Paolo Passamonti, lo stesso che ha fatto chiudere due locali causa spaccio di droga, parla così: «Qui chi vuole divertirsi deve poterlo fare, ma il Comune deve prendere provvedimenti», dice riguardo alle licenze. Il capo della Mobile Pierfrancesco Muriana punta all’alcol a basso costo: «Non si possono foraggiare minorenni con alcolici perché, poi, gli stessi minorenni creeranno problemi di ordine pubblico».

È soltanto mezzanotte quando una ragazza in minigonna di jeans e Converse bianche ai piedi scuote un lampione, spento, tra la scalinata e ponte D’Annunzio: «Ma a te che te ne frega», risponde lei a chi gli chiede perché mai lo faccia, quasi fosse una cosa normale.

Pescara vecchia ha tre facce: quella buona, del pubblico che fa lo struscio godendosi una serata tra cibo, una bevuta innocente e musica, quella cattiva, di chi si diverte con la violenza, e quella del disagio nascosto, con i disperati accampati negli angoli bui. Il senzatetto che dorme nel rilevato di via Orazio alza gli occhi solo quando i fanali delle macchine gli illuminano quella camera da letto isolata con i cartoni; poi, ci sono quelli nascosti sotto il bastione dell’antica fortezza di Ostia Aterni, nonostante le grate di protezione, proprio sul lungofiume: loro stanno sempre lì, anche di giorno, a bere vino in scatola. E infine, ecco i parcheggiatori abusivi, tutti nel tratto finale della golena sud: alle macchine fanno il segno di andare avanti ché i posti ci sono ma nessuno varca il confine immaginario dell’ultimo pilastro dell’asse attrezzato. Nessuno vuole pagare perché c’è la crisi e tutti hanno un po’ di paura di trovarsi davanti un altro folle.

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