Pescara, picco di influenza. Il reparto di Pediatria scoppia: bambini anche in corridoio

Infezioni respiratorie e convulsioni: 42 ricoveri per 18 posti e 60 visite al giorno. Il primario: stiamo telefonando ai medici di base, decisiva la loro collaborazione

PESCARA. Scoppiano Medicina e Geriatria, ma anche il reparto di Pediatria dove le complicanze dell’epidemia influenzale, al suo picco in questi giorni, hanno fatto lievitare il numero dei piccoli pazienti: a fronte dei 18 posti disponibili (più i due del day hospital), sono 40-42 i bambini ricoverati in media, con letti e barelle piazzati lungo il corridoio e in ogni angolo utile del reparto, al terzo piano dell’ospedale civile.

Un surplus di lavoro per i dieci medici e i venti infermieri che, coordinati dal primario Giuliano Lombardi operano tra il reparto e la struttura di pediatria d’urgenza al piano terra dove, prima di procedere all’eventuale ricovero, i bambini vengono visitati e sottoposti a tutti gli esami necessari (dalla tac all’esame del sangue): consulenze che in questi giorni si svolgono al ritmo di venti ogni sei ore, per un totale giornaliero che si aggira tra i 60 e i 70 bambini visitati.

«Nonostante questi numeri», sottolinea il primario Lombardi, «stiamo gestendo bene la situazione considerando che da noi arrivano anche da fuori regione. È chiaro che per tutto il personale si tratta di lavorare con spirito di sacrificio e a ritmi serrati, ma è un gruppo giovane che fa questo lavoro con entusiasmo e passione. Se in questi giorni è capitato di trasferire qualche paziente è perché davvero non avevamo più posti utili».

Ma è proprio per evitare di mandare via chi ha davvero bisogno e, soprattutto, per «far funzionare il reparto in maniera moderna» come dice il primario, che da qualche giorno il reparto sta mettendo in atto una nuova programmazione dei ricoveri. «Si tratta di migliorare la qualità del lavoro e quella dell’assistenza e per far questo è decisiva la stretta collaborazione che abbiamo con la pediatria del territorio. In sostanza», spiega Lombardi, «noi affrontiamo l’urgenza, che può andare dalle convulsioni febbrili alla polmonite. All’arrivo del bambino lo visitiamo, se occorre facciamo tutti gli esami d’urgenza di cui ha bisogno e lo teniamo in osservazione fino a quando è necessario. Dopodiché, se la situazione lo consente, lo rimandiamo a casa con la terapia da fare che provvediamo a comunicare al pediatra per iscritto. Nei casi più delicati telefoniamo direttamente al pediatra di base, come sta avvenendo in questi giorni, per comunicare che il paziente proseguirà a casa la terapia e che dunque va monitorato nella gestione della malattia. In questo modo», continua il primario, «stiamo riuscendo a limitare il tempo delle degenze a una media di tre giorni».

Si tratta di pazienti di pochi anni, lattanti fino a 3-4 anni che in queste settimane a cavallo tra gennaio e febbraio, a causa delle complicanze dovute all’influenza di quest’anno, hanno sviluppato prevalentemente infezioni respiratorie che in alcuni casi sono poi sfociate in polmoniti e pleuriti, a margine di un numero sicuramente più basso di gastroenteriti. «È chiaro che di fronte alla febbre alta che dà questo tipo di influenza», spiega il dottor Lombardi, «prima di arrivare in ospedale bisogna rivolgersi al proprio pediatra tenendo conto che, dal canto suo, il pediatra non può far fronte a tutto: è di fronte all’urgenza di una complicanza che si arriva da noi, una delle poche strutture d’emergenza-urgenza autonoma. Un dato che spiega anche perché nell’ultimo anno abbiamo avuto 12mila accessi, che sono aumentati a un ritmo di 1000-1500 l’anno».

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