Processo Rigopiano, guerra delle perizie tra accusa e difesa 

Neve e disastro, il pm presenta le osservazioni degli esperti allo studio della parte avversa: incompleto E le difese spiegano perché nel 2017 Rigopiano non era nel piano valanghe. Udienza rinviata al 30 luglio

PESCARA. Una nuova e imprevista produzione di documenti da parte della pubblica accusa stravolge il programma dell’udienza preliminare di ieri sul disastro dell’hotel Rigopiano e sui 29 morti che provocò la valanga che lo distrusse, il 18 gennaio 2017. Il pm Andrea Papalia ha presentato delle osservazioni stilate dai suoi consulenti che “distruggono” la perizia fatta dagli esperti della difesa sull’origine della valanga, che era stata depositata nella precedente udienza. Una novità che ha fatto dunque saltare gli schemi che prevedevano la formalizzazione di eventuali riti abbreviati da discutere davanti al gup Gianluca Sarandrea. Una breve discussione, poi la decisione del giudice di concedere al collegio difensivo un breve differimento per poter esaminare quelle osservazioni. Si tornerà in aula il 30 luglio, quindi fra sette giorni, ma senza nessuna certezza che si possa riprendere quel programma iniziale: le difese dovranno esaminare quelle carte e soprattutto farle leggere ai loro esperti (qualora siano disponibili in così breve tempo) che potrebbero contro dedurre. Quello che colpisce, delle osservazioni, è forse la durezza delle espressioni usate dai consulenti della procura che definiscono i colleghi di controparte poco addentro alla materia, per usare un eufemismo.
«Nella consulenza vi sono delle affermazioni e considerazioni», scrivono Chiaia, Chiambretti e Frigo, «che mostrano chiaramente come i periti non siano tutti degli esperti nel settore della neve e delle valanghe. Lo si deduce, prima di tutto, dal linguaggio scarsamente tecnico utilizzato e dai riferimenti bibliografici sommari, incompleti e non aggiornati». Ed è solo l’apertura delle 80 pagine. I tre proseguono poi affermando, fra le altre cose, che «una tempestiva emissione del bando per la realizzazione della Carta pericolo valanghe negli anni subito seguenti alla pubblicazione della legge regionale del 1992» avrebbe dato tutto il tempo per disegnare un «quadro conoscitivo della valangosità delle aree montane, se non esaustivo quantomeno molto più preciso». E avrebbe consentito «di riconoscere il sito di Rigopiano quale meritevole di approfondimenti e di un’apposita modellazione del rischio».
Ma senza sapere di questo deposito della procura, il collegio difensivo aveva predisposto una sua nuova produzione, in relazione all’approvazione (circa 15 giorni fa), da parte del Coreneva del piano valanghe della Regione Abruzzo. E anche qui vi sono delle affermazioni documentate che stravolgono il parere degli esperti della procura sul punto.
«In sintesi», scrivono Nicola Sciarra e Tommaso Piacentini, consulenti delle difese, «il confronto tra i due prodotti, elaborati da diversi operatori e in anni differenti, conferma che prima del gennaio 2017 non erano presenti evidenze di valanghe comprendenti tutto il canalone di Rigopiano fino al pianoro sottostante e soprattutto l’area dell'hotel Rigopiano. Una cartografia delle evidenze di fenomeni valanghivi, qualora fosse stata realizzata prima del 18 gennaio 2017, avrebbe quindi riportato e indicato solo fenomeni generatisi sul Monte Siella, confinati all'interno del canalone di Rigopiano e terminanti ad una distanza almeno superiore a 400 metri (più probabilmente 700-1080 metri) dall'hotel Rigopiano». Ecco che la possibile terza consulenza, ieri solo accennata dal giudice, diventa sempre più scontata e indispensabile, soprattutto se Sarandrea sarà chiamato a giudicare gli imputati con il rito abbreviato.
Intanto, lo stesso gup ha sciolto la riserva sulla richiesta di sequestro conservativo a carico dell’imputato Paolo D’Incecco, avanzata dall’avvocato Romolo Reboa che assiste alcune partici civili, disponendo il sequestro di un quinto dello stipendio dell’ex dirigente provinciale, ora dirigente del Comune di Pescara. Nella motivazione, il giudice ha anche sottolineato, che nei confronti di D’Incecco «emergono gravi indizi di colpevolezza» per quanto da lui fatto in qualità di dirigente del settore viabilità nonché referente di protezione civile provinciale.