Ristoratori e baristi: come facciamo a pagare le bollette? 

«Tante attività hanno già ricevuto lo sfratto: congelate le tasse o per noi sarà la fine»

PESCARA. «Non è più possibile pagare affitti e bollette. Tante attività hanno già ricevuto gli sfratti dei locali. I baristi rivogliono l'asporto dopo le 18 per pagare le spese vive. Non si fanno più assunzioni e i dipendenti sono tutti in cassa integrazione. Adesso la richiesta è una sola: o ci fanno chiudere totalmente congelando le tasse per tutto l'anno e ci mandano i ristori, oppure ci fanno riaprire completamente, nel massimo rispetto delle regole di sicurezza». Nel secondo anno della pandemia, la misura è colma.
SCATTA LA RIVOLTA degli imprenditori con partita Iva che il 10 marzo si ritroveranno a Roma, in piazza del Popolo, per urlare tutta la loro disperazione. Anche da Pescara partiranno pullman verso la capitale carichi di baristi, ristoratori, immobiliaristi, artigiani e tutte le altre categorie di lavoratori autonomi che aprono e chiudono le attività a seconda dei colori e degli umori del governo centrale. L'iniziativa è organizzata dal movimento "Partite Iva-Insieme per cambiare" che in Italia conta 400mila iscritti, di cui 2500 a livello regionale coordinati da Giuseppe Bucciarelli con Vito Tribuzio, responsabile per il Centro Italia. «La nostra mission», spiega Bucciarelli, «è ridare dignità al popolo degli autonomi spremuto e abbandonato dallo Stato. Saremo a Roma per far sentire la nostra voce. E alla Regione Abruzzo chiediamo un tavolo di concertazione per definire le linee guida d'intervento che dovranno condurre ad una soluzione, altrimenti sarà la fine. In tanti, a breve, non riapriranno. Tra un colore e l'altro, hanno ricevuto gli sfratti, non possono più pagare affitti, bollette, dipendenti. Bar e ristoranti sono allo stremo, così come le palestre e i wedding planner, solo per citarne alcuni»
CHE FARE? «O ci congelano le tasse e ci accordano un anno bianco oppure è necessario riaprire in sicurezza. Ma non è più possibile rimandare perché la nostra economia sta colando a picco». Sopravvivenza e flessibilità sono le parole d'ordine degli imprenditori della notte costretti dalle restrizioni imposte dall'emergenza a lavorare di giorno.
Francesco Silvestri, titolare del cocktail bar "La Nuova Lavanderia" di via Battisti: «Ridateci l'asporto dopo le 18, togliercelo è stato un massacro», attacca l'esercente, «ci costringono a lavorare dalle 12 alle 18, ma è faticoso "imporre" un cocktail alle tre del pomeriggio. Con l'asporto perdiamo il 70% ma recuperiamo quel 30% che ci occorre almeno per pagare le spese. A questo punto possiamo solo reinventarci, il core business è la flessibilità. Noi punteremo ad una sala caffè in stile americano. Abbiamo due dipendenti in cassa integrazione e nessuna possibilità di assumere ancora se non ci fanno aprire». Chi si è già reinventato con la caffetteria è Enzo Mascioli di "One more drink" e "VinAmore" in piazza Muzii. «Ora lavoriamo di giorno e chiudiamo alle 18, come se il virus avesse gli orari. Si è stravolto tutto e non recuperiamo neppure le spese» è il commento di Mascioli. Non è facile vendere i cocktail di mattina. Restare aperti non ci conviene, ma noi siamo lo stesso in trincea, perché ci crediamo. Notiamo anche quanto la gente sia diventata nervosa e insofferente perché non girano più soldi. Non sono un disobbediente, ho rispetto delle regole, ma pago affitti stratosferici. Resisteremo fino all'ultimo, altrimenti sarà un bagno di sangue».
SCI SENZA MONTAGNA Giulio Giampietro, titolare di Altaquota, 30 anni in via De Cesaris, e la collaboratrice Valentina Graziani, fanno notare il paradosso: «Ci fanno stare aperti anche in zona rossa a vendere sci e ciaspole, ma la montagna è chiusa. C’è gente che è venuta ad affittare le attrezzature, poi disdette col cambio dei colori. C’è chi bussa, chiede informazioni e se ne va. Non sono arrivati neppure i ristori, fortuna che ce la stiamo cavando bene con la vendita on line. Confidiamo nei vaccini e nella ripresa, ci devono solo dare una opportunità per rivedere le strategie e ce la faremo. Per ora andiamo avanti giorno dopo giorno». Nella piazza svuotata dalla movida e da storiche attività, Sergio Sepiacci di Compro Oro, aspetta i clienti sulla soglia col pincher Pippo in braccio: «L’oro c’è in giro, ma si lavora a giorni alterni».
SUPERSCONTI E ONLINE Abiti consegnati a domicilio è la strategia vincente di Giacomo Castagna e Vincenza De Angelis di Anthology store, via Regina Margherita: «I ristori sono stati un aiutino, ma non ci siamo adagiati, malgrado paghiamo lo scotto della crisi pre Covid. Supersconti, vendita on line e a domicilio e clienti fidelizzati: così restiamo in sella». Fuori dai gangheri Luciano Candeloro e Samantha La Mattina, assistenza tecnica casseforti, in fila per il food d’asporto a corso Umberto: «Su 10 chiamate ne vanno a segno solo 2, perché la gente non ci fa entrare in casa. Eppure ci stiamo spellando le mani con i disinfettanti. E ci costringono a mangiare in strada come i miserabili». Panino degustato su una panchina per Alessio Mennilli, osteopata e Alessandra Vespasiani: «Prima era un piacere, ora un obbligo. La gente è disperata con la libertà limitata, ma noi fortunatamente, abbiamo sempre lavorato». Ai tempi del Covid, è boom di affari per Maria Grazia Rondina, intimo di nicchia in via De Cesaris: «Papà Enzo mi ha insegnato a vendere la qualità. Dalla pandemia, l’occasione per rinascere».