Sanità, svelato il piano: punta tutto sui distretti 

L’assessore Verì propone di potenziare l’assistenza medica territoriale Così la Regione cerca di evitare le liste d’attesa e gli ospedali intasati

PESCARA. Si intitola “Linee di indirizzo per il riordino della rete territoriale” ed è il documento principale che l'assessore regionale alla Sanità, Nicoletta Verì, ha inviato al tavolo di monitoraggio romano. La grande novità consiste nel potenziamento della rete sanitaria territoriale: un'operazione non a costo zero ma che non sfiora, neppure minimamente, gli ospedali. Interviene in modo consistente sui distretti sanitari, le residenze assistite, la vasta platea dei medici e degli infermieri, su tutto ciò che avviene fuori dai presidi ospedalieri, ed è frutto di uno studio in cui ha avuto un ruolo di primo attore lo scomparso Roberto Fagnano.
L’EREDITÀ DEL TOP MANAGER. La sanità abruzzese riparte dal territorio e dall'integrazione socio-sanitaria, senza per ora occuparsi dei Dea di primo e secondo livello, di super ospedali, condivisi e funzionali e di grandi opere da affidare a colossi del mattone.
L’idea di Fagnano, concepita con l'assessore Verì, è realizzabile: è l'eredità che il top manager lascia all'Abruzzo. Il Centro ha letto il documento di 86 pagine che diventerà centrale, a fine mese, nell’incontro di verifica che l’assessore avrà con i rappresentanti del Mef e del ministero della Salute. La parola d’ordine è assicurare a tutti la certezza delle cure. «La necessità di garantire ai cittadini la giusta intensità di cura (...) ha reso improcrastinabile l'esigenza di riqualificare il sistema sanitario regionale mediante una forte integrazione tra i diversi attori istituzionali (...) attraverso un ridisegno del modello di assistenza territoriale». Così infatti si legge nelle prime pagine del documento.
SPENDIAMO DI MENO. Gli obiettivi della Regione sono: «Rafforzare il ruolo centrale di governo del distretto; fornire indicazioni attuative uniformi per le forme associative delle cure primarie; aggiornare e definire il fabbisogno regionale di residenzialità e semiresidenzialità». Questo è l'incipit, abbastanza tecnico, che viene subito dopo spiegato con un dato percentuale. Attualmente infatti l'Abruzzo investe per l'assistenza territoriale il 49,45% delle proprie risorse a fronte di un finanziamento superiore, ciò vuol dire che la nostra regione non raggiunge le soglie fissate dal riparto del fondo sanitario nazionale.
«Ne consegue», si legge sul documento, «la necessità di un progressivo ribilanciamento della spesa passando attraverso un miglioramento della programmazione sanitaria territoriale (...). Analogamente, se non in misura maggiore», si legge ancora sull'atto spedito ai due ministeri, «lo sviluppo dell’integrazione socio-sanitaria non solo garantisce miglioramenti nell’ambito dell’assistenza in termini di equità e appropriatezza degli interventi, ma induce evidenti ripercussioni positive sulla spesa sanitaria».
MEGLIO A CASA. Entriamo ancora di più nel merito. «I pazienti con fragilità, non solo anziani, costituiscono la maggior parte dei ricoveri ospedalieri per acuti (...). La fragilità richiede quindi il potenziamento della capacità di proposta dell'assistenza primaria, la ridefinizione, qualificazione e lo sviluppo delle cure domiciliari (...) e delle cure da parte degli infermieri», ribattezzabili, appunto, “infermieri di famiglia”. Ma la fragilità – scrive la Regione – determina una riqualificazione e uno sviluppo anche delle cure intermedie, come le dimissioni protette, la rete delle strutture residenziali e semiresidenziali, l'assistenza domiciliare integrata, le attività riabilitative, le cure palliative, i servizi per la salute mentale e per le dipendenze patologiche.
ECCO LA NOVITÀ. A pagina 19 del documento troviamo il passaggio cardine: la nascita di un nuovo organismo che coordina le attività dei distretti sanitari. L'acronimo utilizzato dalla Regione è “Ucad”. L’organismo si pone come obiettivo quello di garantire «un’uniformità assistenziale» su tutto il territorio regionale. L’Ucad sarebbe un organismo «collegiale» che affianca e sovrintende i distretti, e di cui fanno parte i direttori di distretto, i medici, gli specialisti, i dirigenti amministrativi e i coordinatori di professioni sanitarie e assistenti sociali. «Le Aziende sanitarie locali di intesa con la Regione provvedono entro 90 giorni all'adozione del presente documento». Questa dunque è la novità principale.
NON SOLO. Ma il documento prevede anche il potenziamento dell'integrazione socio-sanitaria, tema caro alla Verì, e delle Unità complesse di cure primarie (Uccp) che avranno un ruolo determinante. «In prima applicazione», si legge, «potrà essere prevista una Uccp di norma per ogni distretto, e comunque per un bacino non superiore a 60mila abitanti». I luoghi dove individuare queste strutture possono essere «un presidio ospedaliero oggetto di riconversione o un poliambulatorio distrettuale oppure strutture aziendali comunali o comunque pubbliche».
IL FILTRO. L'ultima parte del documento si occupa di rete assistenziale residenziale e semiresidenziale per anziani non autosufficienti, disabilità e riabilitazione, disturbo dello spettro autistico, salute mentale, dipendenze patologiche, cure palliative-hospice e persino malati di Aids. E molta importanza viene data agli ospedali di comunità intesi come «strutture territoriali di ricovero breve rivolte a pazienti che, a seguito di un episodio acuto o per la riacutizzazione di patologie croniche, necessitano di interventi sanitari a bassa intensità clinica». Anche questi sono filtri che permetterebbero alla Regione di offrire una sanità diversa, che eviti ospedali intasati, liste d'attesa e la necessità di costruire super ospedali con risorse che restano un miraggio.