Sfruttamento del lavoro: guai per i gestori di due stabilimenti  

Sott’accusa i responsabili di Venere e La Sirena: i fatti sono dell’estate 2019 ai danni di 4 dipendenti Il pm: «Adibiti a condizioni gravose e discriminatorie, spesso anche per 12 ore al giorno, senza riposi» 

PESCARA. I gestori di due stabilimenti balneari storici, “Venere” e “La Sirena”, rischiano di finire sotto processo. Quattro di loro, quasi tutti della stessa famiglia, Massimiliano, Sante e Alfredo Donatelli, insieme a Paolo Trulli, devono rispondere di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro e truffa, mentre Claudia Donatelli, soltanto di favoreggiamento.
I fatti contestati vanno dall’aprile all’agosto del 2019. Parti offese in questa vicenda sono quattro lavoratori (due italiani, un romeno e un ucraino) e l’Inps che sarebbe stata truffata. Una vicenda che venne fuori dopo una serie di ispezioni che vengono annualmente effettuate dai funzionari dell'Ispettorato del lavoro in occasione della campagna estiva, proprio per verificare la regolarità delle assunzioni di tutti quei soggetti che normalmente ruotano attorno agli stabilimenti balneari (bagnini, operai, addetti al bar e via discorrendo).
Massimiliano Donatelli è coinvolto quale amministratore della Sirena, Sante per Venere", Alfredo quale consulente del lavoro e anche “amministratore di fatto”, mentre Trulli «quale intermediario», come scrive nel capo di imputazione il pm Andrea Papalia, «con i lavoratori per conto dei predetti titolari e comunque amministratore di fatto, preposto e gestore di entrambe le citate società». In sostanza i quattro, ognuno con un ruolo diverso, ma comunque sempre finalizzato alla gestione dei due stabilimenti confinanti, avrebbero «reclutato, utilizzato, assunto i lavoratori parti offese, impiegandoli presso gli stabilimenti balneari promiscuamente gestiti dalle citate società».
Ci sarebbe stato un utilizzo, “allargato”, senza preoccuparsi che ogni società doveva occupare i suoi lavoratori e non consentire una sorta di osmosi tra un lido e l'altro.
«Adibendoli», aggiunge il pm, «durante l’intera stagione ad attività di custodia, manutenzione e di prestazione di servizi di salvataggio, a condizioni gravose e discriminatorie di gran lunga deteriori rispetto a quelle garantite dalle norme contrattuali vigenti, spesso con orari anche di 12 ore al giorno nei fine settimana e nei giorni di maggiore affluenza, peraltro senza alcun riposo settimanale, spesso inducendoli a svolgere prestazioni lavorative anche in presenza di condizioni di malattia conseguenti a infortunio e di momentanea impossibilità fisica a svolgerle, approfittando dello stato di bisogno o di necessità dei lavoratori».
Tutti sfruttati, come sostiene l’accusa, attraverso una retribuzione palesemente difforme dai contratti, con orari altrettanto fuori misura, senza ferie o riposi settimanali e per di più con «reiterate violazioni della normativa in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro, tali da esporre i lavoratori a pericoli per la salute, la sicurezza o l’incolumità personale».
Poi c’è la presunta truffa all’Inps in relazione a un denunciato infortunio sul lavoro di un lavoratore, «rappresentando falsamente all’Inps di aver anticipato le relative indennità di malattia, pur continuando di fatto a usufruire delle sue prestazioni di lavoro».
Il favoreggiamento di Claudia Donatelli riguarda invece le sue dichiarazioni riferite agli ispettori del lavoro per aiutare amministratori e gestori, rendendo difficoltosa la ricostruzione degli stessi ispettori, e affermando fra l’altro che in quei due stabilimenti non svolgeva nessun ruolo, ma era una semplice cliente. Adesso tutti e cinque dovranno comparire il prossimo 21 settembre davanti al gup.
Sulla vicenda, intanto, l’avvocato Mirco D’Alicandro, che assiste Massimiliano e Sante Donatelli, e Paolo Trulli, afferma: «Gli indagati respingono tutti gli addebiti, ai quali si dichiarano totalmente estranei, avendo sempre puntualmente rispettato tanto le persone quanto le leggi, e confidano di poter dimostrare in giudizio la loro piena innocenza».
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