Sospiri ricorre al Tar «Ho rispettato la legge per il mio ristorante» 

Il Comune ha negato il cambio di destinazione dell’immobile di via Venezia di cui è socio il presidente del consiglio regionale

PESCARA. La società titolare del ristorante Casamatta di via Venezia, della quale è socio il presidente del consiglio regionale Lorenzo Sospiri, ricorrerà al Tar contro il diniego degli uffici comunali al cambio di destinazione d’uso dei locali che ospitano la trattoria. «Un diniego che comunque non rende inagibile lo spazio», spiega lo stesso Sospiri, cui preme innanzitutto smontare il caso politico.
«Nella mia sfera personale faccio parte della società Il Piacere srl, come di altre società di cui non mi occupo personalmente», dice l’esponente di Forza Italia, «la società è gestita da un amministratore unico che, coi propri tecnici, ha affittato un immobile e ha svolto le iniziative procedurali della Segnalazione certificata di inizio attività (Scia), e i lavori per la sua messa in funzione».
Sospiri ci tiene a far presente che «il diniego del Comune è un bell’esempio di trasparenza, perché dimostra che non c’è stata alcuna ingerenza politica. Ai tecnici, incaricati dall’amministratore societario di seguire le procedure, non si può contestare l’aver svolto i lavori senza aver atteso il pronunciamento del Comune, perché la legge della Scia non lo prevede».
Il presidente del consiglio affronta però anche l’aspetto più strettamente tecnico-giuridico: «Nel contratto è specificato che “i locatori concedono in locazione alla società l’immobile a uso commerciale”», spiega Sospiri, «è evidente che il provvedimento pare abnorme e sarà soggetto a un legittimo ricorso al Tar, visto che, se l’immobile è ancora F3 (destinato cioè a ospitare uffici pubblici, ndr), qualcuno dovrà spiegare com’è possibile che l’intera palazzina sia occupata da civili abitazioni private e non certo case a uso pubblico, men che meno uffici pubblici».
La norma, come sottolinea Sospiri, non impedisce, mentre è aperta la procedura di Scia, di effettuare i lavori e di iniziare a operare, né impedisce al Comune di fare i controlli documentali entro trenta giorni, esattamente com’è accaduto in questo caso. «Oggi scopriamo che secondo il Comune il cambio di destinazione d’uso sarebbe irricevibile perché il locale concesso in affitto sarebbe ancora classificato come F3, ossia potrebbe ospitare solo uffici pubblici», continua il presidente, «ed è qui che scatta l’abnormità del diniego: la zona F3 nel nostro Piano regolatore prevede anche la sottozona F3 “destinata a servizi e attrezzature pubbliche o di interesse pubblico: scolastiche, religiose, amministrative, culturali, sanitarie e assistenziali, commerciali, sportive e ricreative», disponendo che «gli interventi si attuano per iniziativa pubblica o privata. La norma dice che entro i 30 giorni dalla presentazione della Scia, il Comune dovrebbe pronunciarsi sul controllo dei documenti e infatti è accaduto, ossia il parere di diniego del cambio di destinazione d’uso è arrivato al 29esimo giorno, senza alcuna interferenza politica, proprio perché io non mi sono mai recato in Comune, non ho parlato né ho cercato alcun tecnico e l’intera procedura è stata, come ovvio, portata avanti dall’amministratore che è anche il responsabile legale sotto ogni punto di vista della vicenda. Tutto il resto», conclude Sospiri, «è folklore teso a dare colore». (e.r.)