Uccise il vicino con 17 coltellate: ergastolo confermato a Chiarelli 

Anche per i giudici di secondo grado il 31enne deve scontare il carcere a vita per la morte di Declerch Restano le aggravanti della crudeltà e dei futili motivi, ma cade quella relativa alla premeditazione

POPOLI. I giudici della Corte d'Assise di appello dell’Aquila confermano l’ergastolo per Alessandro Chiarelli, 31 anni di Popoli, accusato di aver ucciso con 17 coltellate l’amico e vicino di casa Fulvio Declerch, 54 anni, la notte del 25 novembre del 2021 con crudeltà e per futili motivi, tentando di sopprimere il cadavere.
Anche per i giudici di secondo grado Chiarelli deve essere condannato al carcere a vita (la stessa pena inflitta a settembre scorso dalla Corte d'Assise di Chieti), pur accogliendo una delle richieste della difesa, togliendo l’aggravante della premeditazione, ma lasciando le altre due, che fanno permanere l’ergastolo; rivisto anche il capo di imputazione nella parte relativa alla soppressione di cadavere che diventa tentata soppressione. Per il resto c’è la conferma del carcere a vita. Non hanno dunque fatto breccia le diverse criticità sollevate dalla difesa dell’imputato, ieri presente in aula, rispetto alla ricostruzione dell’accusa. L’avvocato Gianluigi Tucci (che assiste Chiarelli insieme a Fabrizio Castellano) ha riproposto ai giudici aquilani le stesse incongruenze che secondo il legale rappresentavano argomenti più che validi e che avrebbero dovuto far riflettere i giudici. In particolare, l'assenza di tracce ematiche sul giubbino del presunto assassino e la dinamica dell’accoltellamento striderebbero con la ricostruzione esposta dall’accusa. La sera del delitto Chiarelli, stando all’accusa, a tarda notte sarebbe tornato in quella casa dove era stato con altri amici e dove aveva avuto un acceso diverbio con la vittima. Sarebbe entrato da una finestra al piano superiore e avrebbe ucciso a coltellate l’amico, sorprendendolo nel sonno, mentre era disteso sul divano. E questo è uno dei punti di incongruenza evidenziati dalla difesa, sulla scorta di quanto affermato dal medico legale, e cioè che le prime sette coltellate avrebbero raggiunto la vittima mentre era in piedi, frontalmente al suo assassino. Sta di fatto che una telecamera esterna all’abitazione riprese un uomo, con lo stesso giubbino indossato da Chiarelli mentre, dirigendosi verso il fiume, spingeva una carriola dalla quale si intravedeva il braccio di un uomo. Ma quel giubbino, elemento chiave per il riconoscimento dell’assassino, quando venne ritrovato a casa di Chiarelli era privo di qualsiasi traccia di sangue il che, a detta del difensore, era incomprensibile vista la mattanza di qualche minuto prima, quando l'assassino inflisse alla vittima 17 coltellate. Le aggravanti riguardano la crudeltà, in relazione alle tante coltellate inferte, e i futili motivi.
Il litigio delle ore precedenti pare fosse legato all’acquisto di una bottiglia di vino. Le difese avevano anche evidenziato alla Corte l’assenza di una serie di accertamenti che gli investigatori avrebbero dovuto fare sugli altri amici presenti in quella casa, anche in base a qualche contraddizione che sarebbe emersa dalle loro dichiarazioni. Chiarelli, quando si sottopose all’esame, davanti ai giudici chietini, disse di non ricordare nulla di quanto fosse accaduto quella notte, dalla mezzanotte in poi. Comunque, quei litigi tra i due, così come con altri, secondo la difesa si sarebbero ripetuti nel tempo, in quanto la vittima molestava tutti ed era sempre ubriaco. I familiari della vittima, attraverso i propri legali (Sergio Della Rocca ed Emidio Antonucci) si erano costituiti parti civili.