Un parente del giovane arrestato: fa il terrorista e ammazza la gente 

Ecco le intercettazioni alla base della cattura del 24enne di Loreto «La gente sa che sta in Siria per beneficenza, non per fare la guerra»

PESCARA. Passano anche per Loreto Aprutino le indagini internazionali iniziate nel 2014 per assicurare alla giustizia il foreign fighter abruzzese (originario proprio di Loreto), Stefano Costantini, 24 anni, da martedì scorso rinchiuso nel carcere di Teramo per terrorismo.
Nelle complesse indagini svolta negli anni dal servizio antiterrorismo della polizia e dalla Digos di Pescara (era dall'ottobre del 2017 che sulla testa di Costantini pendeva una misura cautelare richiesta e ottenuta dalla procura distrettuale dell'Aquila che ha condotto le indagini), gli accertamenti, i pedinamenti e le intercettazioni telefoniche sulle utenze dei familiari di Costantini a Loreto, hanno avuto un certo peso per consolidare l'accusa di aver partecipato a un'associazione terroristica di matrice islamica quale Jabhat Al Nusra, affiliata al movimento terroristico Al Qaeda, e per aver diffuso attraverso Facebook alcuni video inneggianti allo stato islamico.
Quando la Digos, guidata dalla dirigente Leila Di Giulio decide di indagare più a fondo nel paese di origine della famiglia, in quanto si riteneva che Costantini potesse farvi ritorno, riesce a trovare diverse conferme dalla famiglia (attraverso le intercettazioni) sull'effettivo ruolo attivo che l'indagato avrebbe svolto in Siria.
All’interno della famiglia, un personaggio mostra particolare apprensione e non perde occasione per avere notizie del ragazzo, parlando con un altro congiunto. In una telefonata tra i due, il primo si mostra preoccupato per le notizie apparse sulla stampa che riportavano anche il nome di Stefano. E mentre i due parlano si inserisce da fuori una terza parente che dice: "Fagli sapere che se può scappare...scappa".
E l’uomo a fianco a lei le risponde: "Statti zitta, come fa a scappare? Lì adesso come passa la frontiera lo arrestano». Poi la telefonata tra i due uomini continua e il primo chiede all’altro: «Ma loro, che vanno a cercare i legami che stanno laggiù, no?».
«Sì, qualcuno», risponde l’interlocutore, «o la Svizzera o forse da te tramite nostro cugino, forse è uscito fuori anche laggiù... lui è ricercato anche in Italia». In un’altra telefonata, sempre lo stesso familiare si preoccupa di non far sapere agli estranei che cosa faccia Stefano Costantini in Siria: «Non è la verità... ma gli altri», dice, «sanno che lui sta laggiù per beneficenza, per aiutare, non per la guerra».
Due parenti stretti di Stefano vengono anche interrogati dalla polizia elvetica (loro risiedono in Svizzera) e raccontano della veloce conversione all'Islam di Stefano e della sua partenza per la Siria, e uno dei due spiega che Stefano al momento si trovava in una zona sicura e che finché non avesse finito l'addestramento non sarebbe stato inviato a combattere. La Digos prosegue le sue indagini a Loreto anche nel periodo in cui un parente di Stefano, insieme alla moglie, si ferma in vacanza nel paese una ventina di giorni. Li seguono nei vari spostamenti, in palestra, nei locali e persino nel parco acquatico di Tortoreto e acquisiscono elementi utili anche dai loro interlocutori. E proprio in quell'occasione di Tortoreto, il congiunto del 24enne «confidandosi con i presenti», come scrive il gip aquilano nella misura cautelare, «nel confermare la sua conversione all'islam, dichiara altresì apertamente» di avere un familiare «in un "Paese vicino alla Turchia", verosimilmente la Siria, dove "...fa il terrorista e ammazza la gente”». Nel suo profilo facebook, da sempre sotto controllo da parte dell'antiterrorismo, Stefano si faceva chiamare "Malahim Stefano" e poi "Malahim Ste", dove il nome, nell'escatologia islamica, rappresenta l'ultima battaglia prima della fine del mondo e del giorno del giudizio.
Ora si trova in carcere, a Teramo. Oggi sarà interrogato, ma si avvarrà della facoltà di non rispondere.
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