LA STORIA

Vasto, mamma operata e dimessa: mia figlia non può stare sola

Madre costretta a rientrare subito a casa dopo l’intervento per un tumore. Per assistere la ragazza tetraplegica e cieca

VASTO. E’ stata dimessa ed è tornata a casa per assistere la figlia disabile, M.T. la donna di 49 anni che dopo un’operazione per un tumore al seno si è vista costretta a lasciare subito l’ospedale. Perché la ragazza, tetraplegica e ipovedente, non può restare sola nemmeno un attimo.

Riposo vietato. I medici del San Bernabeo di Ortona le hanno consigliato il massimo riposo, ma nel suo vocabolario di mamma questa parola non esiste. Almeno da quando la figlia è rimasta senza assistenza per colpa dei tagli al Sociale decisi dallo Stato. «Non potevo restare in ospedale. Dovevo tornare vicino alla mia piccola. Non avrei potuto fare altrimenti - racconta -. Il Comune mi ha comunicato che i voucher sanitari per i disabili erano stati sospesi e quindi non ho più neppure le sei ore che ultimamente venivano concesse per assistere mia figlia nella lettura e nell’apprendimento». L’intervento chirurgico è riuscito. Il nodulo al seno è stato tolto e la donna sta discretamente. Anche se è stanca, lei non si arrende. «Mia figlia in questo periodo ha solo me», ribadisce. I tagli del governo hanno avuto purtroppo un effetto domino su Regione e Comuni.

Pronto chi parla. L’assessore regionale Silvio Paolucci ha letto sul Centro la storia di M.T. E l’ha chiamata. «E’ stato gentilissimo - assicura la donna -. Ha voluto che gli raccontassi la mia storia. E’ stato ad ascoltarmi. Poi si è informato sulle condizioni di mia figlia. Mi ha spiegato che la Regione non sa ancora di quanto potrà disporre dopo i tagli del governo nazionale ma mi ha assicurato che avrebbe studiato la situazione cercando una possibile soluzione. Occorrono però almeno venti giorni». Un’eternità vista la situazione. Ma neppure un termine troppo lungo per chi con il dramma della malattia e della disabilità è costretto a convivere ogni giorno da tanto tempo.

Crudeltà di Stato. Oggi la donna era pronta ad andare all’Aquila insieme al comitato dei genitori dei disabili (una cinquantina di famiglie) per essere ricevuta dall’assessore regionale al Sociale, Marinella Sclocco. «La trasferta è stata rinviata perché l’assessore ci ha fatto sapere di essere assente. Aspetteremo. Io personalmente sono pronta a portarle i certificati medici miei e di mia figlia - assicura M.T. -. Da quando non ha più assistenza la mia bambina è regredita nella lettura». Insomma, una situazione che diventa di giorno in giorno più complicata. «Le creature come mia figlia sono già tanto sfortunate - si rammarica la donna -. Negare loro l’assistenza è una crudeltà. Lo Stato dovrebbe capirlo».

Servizi inadeguati. La storia di M.T. ha commosso tutti. Sulla vicenda sono intervenuti anche i sindacati. Duro il comunicato della segreteria provinciale della Cdl-Cgil. «L’inadeguatezza dei servizi di assistenza educativa, sanitaria e sociale, stride con i bisogni concreti delle persone», ha scritto in una nota Paola Puglielli. Che ha aggiunto: «Ciò che sconcerta è che, a fronte di episodi drammatici come quello di M.T., l’atteggiamento più comune è quello di scaricare su altri ogni responsabilità. Le politiche sociali di un territorio devono tenere conto delle esigenze delle persone. Leggendo quello che è accaduto (il riferimento è a quanto accaduto in questi giorni a Lanciano e Vasto) è evidente che qualcosa non ha funzionato». Il sindacato chiede che a ragazzi così fragili e sfortunati, venga assicurata l’assistenza e l’educazione e che i genitori non debbano più essere lasciati soli. Il caso del ragazzo autistico di Lanciano rifiutato da tre diverse scuole ha scosso le coscienze di un’intera comunità. Come quello della figlia di M.T. ha fatto a Vasto.

Più responsabilità. «Questa organizzazione è con coloro che chiedono che ci sia il massimo sforzo da parte delle Istituzioni locali nel rendere il percorso di programmazione delle politiche socio-sanitarie congruo alle finalità - aggiunge la Puglielli -. La Cgil pretende che le risorse messe a disposizione degli ambiti sociali siano certe e soprattutto siano fornite entro termini temporali coerenti con le attività di programmazione». Un grido, quello della sindacalista, che si conclude con richiamo alla responsabilità verso la politica, sia quella amministrativa che di gestione, per garantire in ogni modo cura, vita e dignità ai più fragili. «Il grado di civiltà di una comunità si misura anche attraverso questi elementi», annota la rappresentante sindacale provinciale della Cdl-Cgil.