La favola del gregario Hart trionfo storico 

Vince all’ultima tappa senza mai indossare la maglia rosa prima

MILANO. Nessuno aveva mai vinto il Giro d'Italia senza indossare una sola volta la maglia rosa fino all'ultima tappa. Ci è riuscito l'inglese Tao Geoghegan Hart che, nella cronometro conclusiva, si è lasciato alle spalle l'australiano Jai Hindley, l'altro protagonista a sorpresa di questa corsa rosa numero 103, inedita per la collocazione autunnale e perché alla tappa finale sono arrivati due ciclisti a pari tempo. Sui 15,7 chilometri da Cernusco sul Naviglio al Duomo di Milano ha trionfato Filippo Ganna, in lacrime dopo il quarto successo in questo Giro (primo italiano a vincere tre cronometro dopo Francesco Moser nel 1984), il settimo per la sua squadra, la Ineos Grenadiers, che era partita per vincere la corsa con Geraint Thomas e, dopo il forfait del capitano gallese - caduto nei pressi di Enna - ci è riuscita comunque con Geoghegan Hart. «Fino all'arrivo in Duomo non ci credevo. È stato folle, ci crederò forse la prossima settimana», ha spiegato il venticinquenne inglese della Ineos Grenadiers, che l'anno scorso aveva chiuso alla 13ª tappa con una clavicola fratturata e questa volta torna a casa con il trofeo senza fine fra le mani. Tifoso dell'Arsenal, da ragazzino giocava al calcio, prima di mettersi in sella a 14 anni.
Nello sport al tempo del Covid l'incertezza aumenta. E nemmeno era scontato che il Giro finisse. «Obiettivo centrato», esulta il direttore di corsa Mauro Vegni, che con 5 mila tamponi ha limitato le perdite a una manciata di ciclisti positivi, ma ha visto il forfait di due squadre e un surreale ammutinamento nella terz'ultima tappa. Il più felice all'ombra del Duomo è Geoghegan Hart: partito il 3 ottobre dalla Sicilia come gregario, il 25enne inglese si è ritrovato a giocare per la maglia rosa, spalleggiato anche nelle ultime tappe di montagna dal compagno di squadra Rohann Dennis e, dopo 85 ore di pedalate, non si è lasciato sfuggire l'occasione finale per sollevare il trofeo senza fine. Ha spinto un rapporto duro per tutta la cronometro ai 51 km/h, prendendosi in 4 chilometri un vantaggio di 6”, diventato di 39” alla fine. Al traguardo ha subito abbracciato la fidanzata-collega Hannah Barnes, ma per alzare i pugni al cielo ha atteso che il cronometro condannasse l'amico/rivale Hindley, ancora impegnato a pedalare (un pelo sotto i 50 km/h) nel rettilineo verso il cuore di Milano e alla fine triste secondo («Ma nel 2021 torno al 100%») davanti al compagno di squadra del team tedesco Sunweb, Wilco Kelderman. «Da ora in casa non sono più il secondo miglior ciclista», ha sorriso incredulo Geoghegan Hart sotto al podio, anche questo inedito perché senza il consueto bagno di folla, sconsigliato dall'andamento dell'emergenza coronavirus. Ringhiere alte un paio di metri e coperte con teli rosa hanno allontanato dall'area dell'arrivo il pubblico, che però non è mancato lungo il percorso. Piccoli assembramenti di appassionati che in una uggiosa domenica pomeriggio hanno incitato gli atleti mentre sfrecciavano in posizione aerodinamica. Si è meritato gli applausi Ganna, in lacrime al traguardo (17'16,55 il suo tempo mostruoso, quasi 32” più veloce del belga Victor Campenaerts), che dopo aver vinto il titolo di campione del mondo di ciclismo a cronometro si è confermato un ciclista speciale chiudendo il suo primo Giro con un poker di successi. Contento per sé, ma anche per la Ineos Grenadiers che è riuscita a capovolgere la strategia e vincere 7 tappe: «È una famiglia, siamo riusciti a concretizzare il lavoro di tutti». Il primo italiano in classifica generale è Vincenzo Nibali, 35enne che ha subìto l'esplosione dei ragazzini degli anni '90: settimo a oltre 8 minuti. E merita una citazione Diego Ulissi, che ha firmato due vittorie di tappa, le uniche di marca italiana assieme a quelle di Ganna.
Paolo Cappelleri