Pescara, Sebastiani sbotta: «Pronto a lasciare»

Contestato duramente, il presidente del Delfino si sfoga: «Le contestazioni ci stanno, ma se si va sul personale non posso accettarle. Oddo non è assolutamente in discussione. Il futuro della società? La nostra porta è sempre aperta, il fatto è che non bussa nessuno...»

PESCARA. Un rovescio così pesante non poteva che generare un presidente scuro in volto e molto contrariato. Ma più che il risultato, definito senza mezzi termini non accettabile, l'amarezza del massimo dirigente biancazzurro viene da quella contestazione "personalizzata", che colpisce questioni personali, che proprio non gli è andata giù e che potrebbe far rivedere il proprio impegno nel sodalizio a fine stagione. «La contestazione ci sta, quando le cose vanno male è naturale, ma quando si va sul personale non la posso accettare. È evidente che quest'anno la croce la porto io, come da cinque anni a questa parte, ma a fine campionato tirerò le somme e farò le mie considerazioni, decidendo se andare avanti o meno. Quello che posso assicurare è che, a differenza di diversi presidenti che mi hanno preceduto, non lascerei certo una società con i problemi».

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Poche parole, ma determinate, condite dall'amarezza per un pomeriggio la cui negatività è andata ben oltre il preventivabile. «Nessun medico mi ha ordinato di fare il presidente della massima squadra di calcio cittadina. Per fortuna faccio altro, ho le mie attività che assorbono la mia vita lavorativa, e se le cose non potranno coesistere non sarà per me un problema». E sulla questione oramai annosa di possibili nuovi ingressi, Sebastiani appare oramai rassegnato, anzi stizzito per le voci che occasionalmente si ripetono nel tempo senza presupposti concreti. «La nostra porta è sempre aperta, il fatto è che non bussa nessuno....». Il risultato ha sicuramente influito sugli umori di fine gara; il massimo dirigente contesta ai suoi il vistoso calo di concentrazione evidenziato al rientro dall'intervallo, ma «Oddo non è assolutamente in discussione». «Nel primo tempo abbiamo segnato due gol e sbagliato un rigore; al rientro nella ripresa non si può prendere un terzo gol in quella maniera», alludendo agli sviluppi della punizione su Felipe Anderson senza nessun contrasto, dal cui cross è arrivato il vantaggio laziale. «Abbiamo preso quasi tutti i gol alla stessa maniera, a parte quello della palla persa a centrocampo da Muntari. Il fatto è che noi per segnare abbiamo bisogno di cose fatte bene, anzi benissimo, mentre i nostri avversari ci perforano con una facilità impressionante. Indubbiamente abbiamo grossi limiti, tecnici ma soprattutto di concentrazione e li stiamo evidenziando tutti». Sugli errori dal dischetto che continuano a ripetersi, il presidente alza le mani. «Il prossimo rigore lo batto io, l'ho già detto al mister...Ed i ragazzi devono comunque capire che questa serie A vale per la loro carriera, per cui cali di tensione bruschi come oggi non sono accettabili». D'altro canto non si può nemmeno sottacere il valore dell'avversario. «La Lazio è tra le prime sei società che puntano all'Europa, e non scopriamo niente». Più in generale, per il presidente questa serie A evidenzia aspetti molto chiarirà il valore e le potenzialità delle squadre. «Tra le prime sei e le ultime tre ci sono due categorie di differenza, non tanto per i giocatori ma soprattutto per le capacità di spesa e di investimento. Una differenza netta che si ripercuote chiaramente sull'andamento del torneo».

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