Pescara, un passo avanti ma è solo un pari con l'Avellino

Viviani illude i 9.500 dell'Adriatico su punizione, replica Massimo

PESCARA. Il Pescara non si innesca. Al Delfino manca il gol e con l’Avellino rischia anche la beffa finale. Nemmeno l’accecane maglia rossa, che viene indossata per la prima volta, porta fortuna ai biancazzurri.

In difesa Cosic rimpiazza Balzano che, nonostante la voglia di provare a stringere i denti, viene tradito dalla caviglia dolorante. Marino alla fine sceglie un tridente inedito scacciando via i tormenti della vigilia: Mascara va in panchina, come previsto, ma schiera Piscitella a sorpresa, neanche troppo, visto che durante l’allenamento di lunedì aveva provato questa soluzione alternando l’ex geoano a Politano. E’ lui il grande escluso dopo la discreta prestazione offerta con il Bari.

L’Avellino cambia quattro uomini rispetto alla squadra scesa in campo contro il Varese. Soncin e Castaldo finiscono in panchina, il primo un po’ a sorpresa, lasciando spazio in avanti a Galabinov ed Herrera. A centrocampo fuori Bittante e Schiavon, per far spazio a D’Angelo e De Vito.

Il Pescara parte subito forte. Dopo nemmeno trenta secondi i biancazzurri fanno capire che hanno assolutamente voglia di scrollarsi di dosso il torpore delle ultime due settimane. Maniero, in avvio, servito con un preciso cross di Cutolo per un nulla non incorna in rete, strozzando in gola l’urlo dei 9mila dell’Adriatico. Ci provano anche Cutolo e Piscitella, ma i loro spunti non sono fortunati.

Lo stadio si carica, subito il Delfino spinge forte e costringe l’Avellino a rintanarsi nella propria area di rigore. Gli irpini sono schiacciati e si difendono con nove uomini dietro la palla, lasciando il solo Galabinov a galleggiare sulla linea di centrocampo. Poi ancora Ragusa e Cutolo provano a rendersi pericolosi. Il Delfino ci crede. L’Avellino incassa e prova a difendersi come un pugile alle corde fino al quarto d’ora con Peccarisi che fa partire un bolide da trenta metri con Pelizzoli reattivo a metterla in angolo. Gli irpini sono bravi a chiudere il gioco sulle fasce e Zappacosta e De Vito fanno gli straordinari in entrambe le fasi. Il Pescara rallenta leggermente e, a tratti, c’è un po’ di disordine specie quando bisogna impostare. Viviani versione “Casper”. Il centrocampista è una specie di piccolo fantasmino con la maglia numero 10 che non va mai a cercare palla per impostare l’azione e parte del pubblico lo becca. Il Pescara per provare a sbloccarsi deve trovare il gol. Ed ecco fatto che Maniero subisce fallo a ridosso del limite dell’area di rigore, nel primo minuto di recupero. Sulla palla va Federico Viviani, che disegna una traiettoria pazzesca con il pallone alle spalle di Terracciano. Per lui è il secondo gol su tre punizioni calciate (con il Bari ha preso il palo). L’Adriatico esplode e il Pescara va torna negli spogliatoi con il morale a mille.

Il pubblico aspetta e si frega le mani, ma dopo tre minuti della ripresa arriva la doccia ghiacciata. L’Avellino pareggia con Massimo, che sugli sviluppi di un calcio d’angolo sfrutta una respinta dei difensori per punire Pelizzoli da oltre venti metri. I biancazzurri accusano il colpo e impiegano un po’ per provare a serrare le fila, ma con confusione.

Marino cambia gli esterni mettendo prima Mascara e poi Politano, ma lo spartito non cambia. Nel secondo tempo è stato proprio lo stato confusionale a non lanciare la squadra di Marino verso la rete della vittoria, rischiando, allo stesso modo, una beffa atroce specialmente nei minuti finali con Bittante e Galabinov, che hanno sfiorato il colpaccio davanti ai circa 200 tifosi arrivati da Avellino. Alla fine di nuovo alcuni fischi da parte del pubblico. Un pareggio che non soddisfa a pieno, se non per alcuni segnali di ripresa mostrati dai biancazzurri nel primo tempo. Il Pescara conosciuto nelle prime due di campionato è ancora nascosto. Forse con il rientro di alcuni infortunati si potrebbe cambiare qualcosa?

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