Asl Teramo, il dilemma di Varrassi: resistere o dimettersi subito

Il direttore generale valuta se opporsi o meno al procedimento avviato contro di lui in Regione Intanto il Pd propone: cambiamo le regole di nomina dei manager per svincolarli dai partiti

TERAMO. Un giorno dedicato alla riflessione, ieri. E ai commenti sulla decisione della giunta regionale che l’altroieri ha avviato il procedimento di rescissione del contratto del direttore generale della Asl Giustino Varrassi. Il manager ieri mattina è arrivato negli uffici di circonvallazione Ragusa come ogni giorno. Ha tenuto anche alcune riunioni, una con i suoi più stretti collaboratori. A tutti è apparso amareggiato. Dovrà ancora valutare bene il da farsi: potrebbe resistere all’eventuale - ma probabile - notifica della rescissione del contratto presentando le proprie controdeduzioni e poi rivolgendosi alla magistratura amministrativa. Ma pare che stia seriamente valutando la possibilità di dimettersi a stretto giro.

Intanto si susseguono le prese di posizione. Il segretario provinciale del Pd, Robert Verrocchio lancia la proposta di cambiare le regole per la nomina dei manager. «Dobbiamo avere il coraggio di riformare i criteri di scelta dei manager Asl», esordisce, definendo “una bella notizia per la sanità teramana” gli ultimi fatti, «che tanti danni ha provocato alla gestione dei nostri ospedali. Modifichiamo la legge che regola le nomine dei direttori generali. Ci siamo informati presso vari legali, è possibile. A fianco dell'albo previsto dalla legge nazionale, al cui interno il governatore ha piena facoltà di scegliere i manager, si può pensare a una commissione terza, composta da autorevoli esponenti del mondo accademico, della medicina, dell'economia e della giurisprudenza. La commissione stilerebbe una classifica su cui il governatore si baserebbe per la scelta. Dobbiamo tornare a favorire il merito e la competenza rispetto alla fedeltà a una tessera di partito. Il problema non era Varrassi, ma i suoi obblighi politici. È inutile cambiare la persona se non vengono cambiati i metodi di selezione».

Il segretario regionale del Pd, Silvio Paolucci, coglie l’occasione per dire che quanto accaduto «non ha una valenza solo locale: il modello di sanità voluto da Chiodi vacilla proprio nella città che lo stesso Chiodi ha provato a trasformare nel suo feudo personale. Sono le crepe in un sistema che non regge. La verità è che al di là dei conti ragionieristici e delle parole di Chiodi, la sanità reale abruzzese è allo sbando».

Il sindaco di Pineto, Luciano Monticelli, grande oppositore di Varrassi si dichiara «amareggiato». La decisione, spiega, «arriva ora, quando è stata concessa la distruzione del San Liberatore di Atri senza che nulla si muovesse. Sono stato forse l'unico sindaco a dare battaglia a Varrassi e in più di un'occasione ho dichiarato di sentirmi solo nella risoluzione di questa problematica. Ora, a pochi giorni da quello che è accaduto al Mazzini, la giunta regionale ha deciso di avviare il procedimento. Sono senza parole. Credo che l'unica cosa da dire sia che, assieme a Varrassi, debbano andare a casa anche tutti coloro che lo hanno difeso». (a.f.)

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