Ciaccia, confiscati beni per 180 milioni 

Provvedimento del tribunale di Roma per gli ex patron del Teramo Calcio in serie C. Sigilli a immobili, auto di lusso e soldi

TERAMO. La loro breve permanenza ai vertici dell’ ultima stagione del Teramo calcio in serie C sembra preistoria, ma la vicenda giudiziaria in cui sono coinvolti è ancora profondamente immersa nel presente.
Il tribunale di Roma, la sezione di misure di prevenzione, ha confiscato un patrimonio complessivo di 180 milioni di euro tra immobili, società, auto di lusso e contanti ai fratelli Mario e Davide Ciaccia, i due imprenditori romani che a novembre del 2021, proprio mentre erano ai vertici dell’allora Teramo calcio, furono arrestati e scarcerati nel giro di 48 ore. Un provvedimento, quello del fermo, disposto all’epoca dalla Procura capitolina nell’ambito di una maxi inchiesta con 21 indagati per una presunta truffa, autoriciclaggio e indebita compensazione dei crediti fiscali riconosciuti con il Superbonus del 110. La sezione di misure di prevenzione, inoltre, ha applicato ad entrambi una misura di sorveglianza speciale per due anni.
La difesa degli imprenditori, rappresentata dagli avvocati Gianluca Tognozzi e Giorgio Martellino, annunci appello contro il provvedimento della confisca. Tra i beni confiscati ci sono varie vetture di lusso tra cui una Lamborghini, una Mercedes, una Bmw, quaranta immobili pregiati nel Lazio e in altre regioni, conti correnti e rapporti bancari.
Secondo la ricostruzione fatta dalla guardia di finanza, in particolare dagli uomini del Gico e del nucleo di polizia economico finanziaria di Roma delegati alle indagini dall’autorità giudiziaria, nella richiesta di ammissione a un concordato preventivo per una delle società edili di proprietà, gli imprenditori avrebbero programmato operazioni contabili e finanziarie che, secondo l’accusa, sarebbero state fittizie e volte a far emergere una situazione patrimoniale diversa da quella reale per ottenere in un primo momento finanziamenti dagli istituti bancari e successivamente convincere i creditori ad appoggiare i piani concordatari adottati.
Sempre secondo l’accusa nel complesso sistema di società collegate e interconnesse tra loro ci sarebbero molti prestanomi e particolari operazioni contabili.
Accuse che la difesa dei due imprenditori si dice pronta a smontare nella richiesta di appello contro il provvedimento di confisca.
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