D’Adiutorio, cantiere da record: mai fermo durante l’emergenza 

L’impresa di Montorio realizza il tecnopolo a Bologna: nessuno stop, così solo il ponte di Genova Da gennaio presi appalti per 76 milioni. «Adottiamo protocolli con stringenti misure di sicurezza»

MONTORIO. Cantiere aperto in piena emergenza coronavirus. L’impresa D’Adiutorio di Montorio è stata una mosca bianca: il suo cantiere del tecnopolo a Bologna è stato l’unico in Italia, insieme a quello del ponte di Genova, a non fermarsi praticamente mai. Solo una sosta di 10 giorni. Ovviamente tutto ciò ha comportato misure di sicurezza eccezionali: un protocollo innovativo per la sicurezza in azienda e in cantiere.
Che poi si tratta di misure adottate non solo nel cantiere di Bologna: da gennaio l’impresa, dei fratelli Carlo e Luigi D’Adiutorio, ha acquisito nuovi contratti per 76 milioni di euro, in controtendenza con l‘andamento del mercato. Il portafoglio lavori dell’impresa ammonta, comprese le ultime acquisizioni, a 120 milioni. Non è un caso se l’impresa di Montorio, che conta circa 220 dipendenti, secondo la classifica di Affari e Finanza di Repubblica, nel 2019 è stata tra le prime 15 imprese italiane per crescita.
E così ora le misure di sicurezza applicate nel cantiere di Bologna, per la costruzione di quello che diventerà una dei più importanti data center internazionali, vengono “esportate” in tutti gli altri cantieri della D’Adiutorio. Che sono tutt’altro che secondari, visto che si parla dell’ampliamento del Teatro alla Scala di Milano progettato dall’architetto Mario Botta o della riqualificazione del Palazzo dei musei nell’ex Palazzo Estense a Modena o ancora, fra gli appalti acquisiti più recentemente, la realizzazione della nuova fermata Tibaldi della metropolitana di Milano o i lavori alla stazione di Venezia-Porto Marghera.
«La cultura della sicurezza in azienda è stata considerata da sempre un vero e proprio generatore di valore per l’impresa, che si è fatta trovare pertanto preparata a gestire l’attuale periodo emergenziale del Covid-19, con protocolli innovativi che stanno diventando delle buone pratiche nazionali», osserva Mirco Iezzi, responsabile del servizio di prevenzione e protezione dell’impresa, «nel parlare di cultura della sicurezza non si è mai fatto riferimento a principi teorici e astratti, ma abbiamo pensato ad un sistema ben organizzato di processi e di pratiche professionali, a norme scritte e a convenzioni informali, a linguaggi, a modi di pensare, di percepire e di rappresentare il rischio in azienda e in cantiere». E quindi già dal 26 febbraio – prima del lockdown – sono state pianificate misure anti Covid per tutti i cantieri, insieme ai medici aziendali e ai responsabili della sicurezza. E quindi i lavoratori sono stati dotati da subito di mascherine Ffp2, guanti in lattice sterili monouso, dispenser automatici ad infrarossi su piantane, evitando così ogni forma di contatto, igienizzanti e disinfettanti, termometri digitali a infrarossi del tipo thermoscan, saturimetri, tute ed occhiali protettivi. E il cantiere del tecnopolo – che si articola in 100mila metri quadri con una serie di edifici di diversa tipologia costruttiva, tra cui anche dei capannoni industriali, alcuni dei quali sottoposti a vincolo perché progettati negli Anni ’40 da Pier Luigi Nervi – è stato il modello principale dove applicare il nuovo protocollo sanitario anti Covid 19.
Anzi, il protocollo standard è stato potenziato adottando misure ulteriori come un’ambulanza con soccorritori presenti ogni giorno in cantiere per evitare il più possibile ai lavoratori di andare in ospedale, scongiurando l’esposizione a rischi contagio ed evitando di intasare strutture già molto in affanno visto che peraltro il cantiere è in quella che era un’area molto critica.
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