Di Pietro: «Dalla crisi  può arrivare il rilancio della città» 

L’ex deputato approva l’allargamento della maggioranza e propone di fare rete con i capoluoghi dell’Italia centrale

TERAMO. «Ci dobbiamo rassegnare alla retorica della decadenza o vogliamo cogliere l’occasione della crisi per immaginare la città di domani e ridare speranza in particolare alle nuove generazioni?». Ruota attorno a questa domanda fondamentale il ragionamento di Gianni Di Pietro alla luce del riassetto di maggioranza e giunta in Comune. Spenti, anche se non del tutto, i fuochi della polemica l’ex parlamentare del Pci, che nella prima amministrazione di centrosinistra è stato vicesindaco con gli allora Ds, da tempo assente dalla scena politica, traccia una prospettiva per il futuro che prende spunto proprio dalla scelta del sindaco Gianguido D’Alberto di aprire una nuova fase amministrativa e politica.
«Si è fatto oggi quello che nelle altre elezioni si fa tra primo e secondo turno», evidenzia riferendosi all’intesa con i civici eletti in quota di minoranza Mauro Di Dalmazio, Graziano Ciapanna e Giovanni Cavallari, «cioè ci si allea tra liste che si sono presentate nel campo dei progressisti e in quello dei conservatori». Una differenza c’è, ma prevale un tratto comune. «L’accordo non si fece tra gli allora candidati sindaco», fa notare, «ma gli elettori che volevano il cambiamento votarono per D’Alberto, altrimenti non avrebbe vinto».
Va letto anche in questa chiave l’appello del primo cittadino all’allargamento del progetto. «Il sindaco credo abbia voluto richiamare il momento drammatico ed eccezionale che vive la città», osserva Di Pietro, «dovuto non solo alla tragedia del terremoto ma anche alla crisi gravissima di questi anni dell’apparato produttivo provinciale e comunale». Non aiuta la ricostruzione lumaca che, secondo l’ex vicesindaco, ha minato anche la «tenuta sociale e persino dei singoli». La nomina «autorevole per competenza e personalità politica» di Giovanni Legnini a commissario per il sisma pone le premesse di una svolta, ma non basterà. «Dalla crisi grave di questi anni riescono a riprendersi i soggetti forti, siano essi imprese, comunità o territori», fa notare, «forti non solo per apparati produttivi e per eccellenze specifiche, ma anche per coesione sociale, sistemi di integrazione e costruzione di reti».
La ricostruzione, dunque, offre «un’occasione, non solo per attivare un processo economico importante, non solo per creare lavoro, ma anche per riqualificare e rigenerare il centro storico, i quartieri e le frazioni con uno sforzo che richiami tutte le competenze, oltre al mondo politico, a immaginare la città che vogliamo». Arriveranno tante risorse, prevede Di Pietro che cita quelle già stanziate per il recupero dell’ex manicomio e per le scuole, ma segnala anche un problema. «Altre realtà simili a Teramo, come i capoluoghi dell’Italia centrale, stanno già parlando da tempo di smart city», rileva, «come cogliamo questa occasione per costruire infrastrutture immateriali per fare rete e portare la nostra città pienamente inserita nel circuito europeo?». Ecco un grande tema, a cui l’ex deputato ne aggiunge subito un altro: «Come sfruttare i fondi europei della green economy se non allenandosi con altre città, sempre i capoluoghi limitrofi, costruendo progetti significativi proprio perché integrati che sicuramente saranno finanziati?». Di questo, insomma, secondo Di Pietro si dovrebbe parlare, «la sfida a cui chiamare tutte le competenze e le eccellenze di cui Teramo è ricca». A delinearla è stata anche la “fotografia” della visita in città del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. «Da una parte l’università come eccellenza che ha saputo credere e affermarsi nel panorama accademico, diventata ormai uno dei motori essenziali della città», osserva l’ex vicesindaco, «poi il duomo, emblema del patrimonio culturale e storico e accanto al sede del municipio ingabbiato dalle impalcature».
D’Alberto ha voluto, nell’interpretazione di Di Pietro, lanciare la sfida civica rappresentata proprio da quell’immagine. «Per affrontarla è ovvio che ci vogliano maggioranze larghe», conclude, «perché daranno più forza al sindaco, già affermato come presidente regionale dell’Anci, nel confronto con altri livelli istituzionali e che credo stia portando al governo della città una nuova generazione in grado di raccoglierla».
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