Equitalia morosa, il giudice dà ragione a un teramano
Vince la causa per 8 anni di fermo ingiusto dell’auto, ma prefettura di Vibo e società di riscossione non pagano le spese legali: ora sono state condannate
TERAMO. Stavolta Davide ha vinto contro Golia. Un cittadino ha sconfitto, con un sol colpo, e per la seconda volta, Equitalia Sud e la prefettura di Vibo Valentia. Una soddisfazione, in nome di tanti contribuenti vessati, che si è tolta Marco Ceci, abitante di Cermignano, che ha finalmente concluso una battaglia durata anni. Il giudice di pace di Atri, Angela Speranza, ha infatti condannato Equitalia e prefettura di Vibo a risarcire 500 euro, più le spese legali al cittadino. Non è molto, ma è una decisione-simbolo per molte vittime della burocrazia. Cesi è stato assistito, nella sua lunga battaglia dall’avvocato Berardo Di Ferdinando, che non a caso conduce anche molte battaglie legali contro istituti di credito.
La lunga odissea è iniziata più di dieci anni fa per una serie di multe prese e non pagate da un automobilista alla guida di una macchina che Ceci aveva venduto da anni. Una battaglia estenuante, vinta in giudizio da Ceci a marzo 2013. Ma nonostante la sentenza sia passata in giudicato, sia la prefettura di Vibo che Equitalia non hanno pagato le spese processuali. Un ritardo che è stato mal digerito da chi per responsabilità non sue si è dovuto sorbire il fermo tecnico dell’auto per ben otto anni: ha dato incarico al proprio avvocato di fare di nuovo causa chiedendo danni e spese per un totale di 4.870 euro.
Tutto nasce da un’incredibile serie di errori la cui vittima è appunto Ceci. Il 47enne di Cermignano anni fa è caduto dalle nuvole alla telefonata dell’acquirente di una sua vecchia auto, una Citroen, che aveva scoperto che la macchina era sottoposta a fermo amministrativo. Ceci così ha scoperto - e non senza difficoltà - che un’altra sua auto, una Fiat Uno venduta 1989 a una signora di Verona aveva preso nel 1996, 5 contravvenzioni al codice della strada in provincia di Vibo.
Il primo errore è stato dunque quello di ritenere Ceci proprietario di un’auto venduta ben sette anni prima. Equitalia, poi, senza alcun controllo sulla legittimità del credito per cui aveva avviato l’esecuzione, ha emesso la cartella esattoriale da 799, 48 euro. Di Ferdinando a questo punto ha chiesto alla prefettura di Vibo l’annullamento dei verbali di contestazione con l’invito a trasmettere gli atti all’agente di Equitalia per la cancellazione del fermo della Citroen. Ma la prefettura ha proceduto solo alla sospensione “sine die” della cartella esattoriale e solo dopo ripetute insistenze, nel 2011, il fermo dell’autovettura è stato cancellato. Ci ha pensato il giudice di pace di Atri nel marzo 2013, a mettere fine all’incubo: ha accolto il ricorso, annullando la cartella esattoriale e ha condannato la prefettura ed Equitalia Sud al pagamento delle spese di lite, cioè mille euro.
E ora il giudice Speranza torna a condannare sia prefettura che Equitalia. In particolare quest’ultima secondo il giudice «ha l'obbligo di controllare la regolarità formale e sostanziale dei ruoli nonché predisporre le cartelle esattoriale ed eseguire la procedura esecutiva seguendo le leggi. In sostanza è obbligata a verificare la reale sussistenza del credito presupposto nell 'esecuzione della misura cautelare; pertanto la grave negligenza nell’inadempimento ditali doveri può dar luogo a risarcimento del danno, a titolo di responsabilità per lite temeraria, a causa del mancato uso di un minimo di diligenza e controllo della legittimità dei propri atti ».
E definisce il comportamento dei due enti «in violazione del dovere di diligenza, e quindi certamente caratterizzato da colpa, ha causato stress, disagio e ansia all 'utente, concretizzatosi in un peggioramento della qualità della vita».
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