Gli abitanti di Fano Adriano riscoprono antichi vitigni Nasce il vigneto di comunità 

L’associazione “I Grignetti”: «Rinnoviamo la coltivazione dell’uva di montagna per non disperdere la memoria dei nostri nonni e far rinascere il borgo» 

FANO ADRIANO. Un vigneto di comunità per scoprire le viti e le vite dei padri e dei nonni, per non disperdere memoria e identità di un borgo ricco di storia e tradizioni e per far ripartire la coltivazione, dopo più di mezzo secolo, dell’uva in montagna in un progetto di recupero delle terre incolte. È questa l’idea, che già si è trasformata in una vigna sperimentale autoctona, de “I Grignetti” di Fano Adriano, un’associazione culturale, ma soprattutto un gruppo di amici che ogni fine settimana si ritrova per pensare e realizzare progetti per rivitalizzare il proprio territorio. E quello del vigneto di comunità ha generato entusiasmo perché coniuga un passato da scoprire e un futuro sul quale investire per la ripresa economica del borgo.
«Nei tempi antichi in una zona del paese impervia e rocciosa nota come “le Vignole” veniva coltivata l’uva che resisteva alle basse temperature», racconta Giuseppe Di Marco, presidente de “I Grignetti”, «e le tracce di quelle che oggi si chiamerebbe “viticoltura eroica” sono impresse nella roccia, nei “grigni”, le vasche rudimentali scolpite nella falesia dove veniva pigiata l’uva coltivata tutt’intorno». La presenza dei tre grigni scavati nella montagna, risalenti forse al Medioevo e che danno il nome all’associazione, ha spinto il gruppo di amici a intraprendere una vera e propria "caccia alla vite" per trovare i vitigni più adatti alle condizioni climatiche del posto. «Nella primavera del 2019 abbiamo iniziato a ispezionare le Vignole e a individuare tra la fitta vegetazione germogli di viti che sono sopravvissuti in tutti questi anni», proseguono Marcella Cipriani, Carlo Di Bonaventura, Alessandra Orlandi e Pierluigi Valente, «li abbiamo segnalati con dei nastri e nel gennaio del 2020 abbiamo prelevato i tralci». Trasformate in barbatelle, le viti sono state impiantate nel primo vigneto di comunità grazie al comodato gratuito di un terreno incolto di proprietà dell’agriturismo locale “Il Vergaro”. Ora il vigneto è un mix di varietà in attesa che si scopra qual è la più resistente e adatta in montagna.
«Abbiamo recuperato viti anche in paese», dice ancora Di Marco, «e le abbiamo unite ai vitigni delle zone fredde del Nord Italia. Studiamo il comportamento delle piante e tra un paio di anni valuteremo i risultati per riprendere a produrre un vino autoctono e per attrarre produttori. Se ci sono tre grigni significa che c’era una buona produzione vinicola che potrebbe risorgere».
“I Grignetti”, nel frattempo, continuano nell'opera di scopritori di viti montane e ne hanno trovate altre, tanto da impiantare a breve un secondo vigneto di comunità che si unirà al progetto dell'apicoltura, sempre utilizzando terreni incolti. «Confidando nelle stagioni vedremo crescere e svelarsi le nostre origini e la nostra storia. Sono piccole tessere che speriamo possano comporre un futuro di rinascita per la nostra amata montagna», concludono.
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