Gran Sasso, alpinisti precipitati: il pm dà il via libera per i funerali
Niente autopsia per l’aretino Paccosi e il romano Iani, vittime della tragedia a Pizzo Intermesoli L’ultimo messaggio dello scalatore toscano: «Forse è il rischio che mi mantiene così concentrato»
TERAMO. Resta il dolore profondo e l’attesa dei familiari. Non sarà necessaria l’autopsia per accertare le cause della morte di Marco Paccosi e Luca Iani, i due alpinisti precipitati sabato dalla parete est di Pizzo Intermesoli sul Gran Sasso. Il pm di turno Enrica Medori ha ritenuto non necessario l’esame, in quanto risulterebbe inutile allo scopo di aggiungere elementi di ulteriore chiarezza a una tragedia che resterà nei dettagli inspiegabile. Già oggi, dunque, le salme di Iani, romano di 56 anni, e di Paccosi, 43enne che abitava a Sansepolcro, in provincia di Arezzo, potranno essere restituite alle famiglie per i funerali. Non si attenua il cordoglio suscitato dall’incidente che ha visto i due scalatori, esperti di montagna e profondi conoscitori del Gran Sasso, cadere nel vuoto probabilmente durante la discesa lungo il secondo pilastro della parete est di Pizzo Intermesoli.
Iani, sposato, docente di psicologia clinica all’università europea di Roma e che in passato ha tenuto un corso alla D’Annunzio, era originario di La Spezia ma da tempo risiedeva nella capitale. «La comunità di Sansepolcro e l’intera amministrazione comunale si stringono alla famiglia di Marco con affetto e profondo cordoglio», è il messaggio pubblicato dal sindaco della cittadina toscana Fabrizio Innocenti, dove Paccosi lavorava e viveva con la moglie e due figli. A Sansepolcro il 43enne gestiva una ditta di allestimento e cura di giardini, praticando anche il cosiddetto “tree climbling”, la potatura degli alberi in arrampicata sui tronchi. Marco aveva unito così il lavoro alla sua sconfinata passione per l’alpinismo che spesso lo aveva portato a scalare vette del Gran Sasso e di altre montagne, affrontando vie impegnative. Ai pericoli connessi a quest’attività sono dedicate alcune sue parole, risalenti a febbraio, che lette dopo la tragedia lasciano un senso d’inquietudine. «Forse è il rischio che mi ha mantenuto così concentrato da tenermi lontano dall’eventualità di qualsiasi errore», scriveva, «avvolto in quel silenzio, con chiarezza, ogni mio respiro esprimeva (descriveva) il mio stato d'animo. Laggiù non si nasconde nessuna emozione: ascoltarle è la base; contrastarle sarebbe un errore; gestirle è di vitale importanza. Ed è a quel punto, quando impari questo, che non dubiti più di te stesso». (g.d.m.)
©RIPRODUZIONE RISERVATA.
Iani, sposato, docente di psicologia clinica all’università europea di Roma e che in passato ha tenuto un corso alla D’Annunzio, era originario di La Spezia ma da tempo risiedeva nella capitale. «La comunità di Sansepolcro e l’intera amministrazione comunale si stringono alla famiglia di Marco con affetto e profondo cordoglio», è il messaggio pubblicato dal sindaco della cittadina toscana Fabrizio Innocenti, dove Paccosi lavorava e viveva con la moglie e due figli. A Sansepolcro il 43enne gestiva una ditta di allestimento e cura di giardini, praticando anche il cosiddetto “tree climbling”, la potatura degli alberi in arrampicata sui tronchi. Marco aveva unito così il lavoro alla sua sconfinata passione per l’alpinismo che spesso lo aveva portato a scalare vette del Gran Sasso e di altre montagne, affrontando vie impegnative. Ai pericoli connessi a quest’attività sono dedicate alcune sue parole, risalenti a febbraio, che lette dopo la tragedia lasciano un senso d’inquietudine. «Forse è il rischio che mi ha mantenuto così concentrato da tenermi lontano dall’eventualità di qualsiasi errore», scriveva, «avvolto in quel silenzio, con chiarezza, ogni mio respiro esprimeva (descriveva) il mio stato d'animo. Laggiù non si nasconde nessuna emozione: ascoltarle è la base; contrastarle sarebbe un errore; gestirle è di vitale importanza. Ed è a quel punto, quando impari questo, che non dubiti più di te stesso». (g.d.m.)
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