Il fratello del tunisino ucciso: «Hanno detto aprite o spariamo»

Alba Adriatica: la procura ha indagato due carabinieri per omicidio preterintenzionale L’uomo, arrestato a Napoli, è stato ascoltato nell’incidente probatorio: «In casa non c’era droga»

ALBA ADRIATICA. E’ una ricostruzione tra «non ricordo» e contraddizioni, rispetto a quanto sostenuto nell’interrogatorio di garanzia, quella che Hamor Hayyl mette insieme nei novanta minuti di incidente probatorio in un’aula di tribunale. Chi parla è il fratello di Akim, il tunisino di 35 anni ucciso da un colpo di pistola esploso da un carabiniere durante un’operazione antidroga in un appartamento di Alba Adriatica.

Il pm Davide Rosati (titolare del fascicolo) in questa fase di indagini preliminari contesta il reato di omicidio preterintenzionale sia al brigadiere che ha sparato sia, in concorso, all’appuntato che in quel momento era con lui (entrambi i carabinieri sono assistiti dall’avvocato Gabriele Rapali). Il fratello della vittima, presente nell’appartamento e fuggito subito dopo i fatti, qualche mese fa è stato arrestato a Napoli per spaccio.

Ieri pomeriggio è comparso davanti al gip Giovanni de Rensis per l’incidente probatorio chiesto dal pm Rosati per cristallizzare la sua testimonianza. L’uomo ha detto che lui e il fratello non hanno aperto la porta perchè dall’altra parte nessuno si è qualificato e che ad un certo punto ha sentito urlare «Aprite o spariamo». Ha detto che nell’appartamento non c’era droga e che non c’erano altre persone oltre lui e il fratello. Secondo la procura, invece, in quell’alloggio al momento del fatto non c’erano solo i fratelli Hayyl , ma anche due giovani donne che molto probabilmente avrebbero dovuto acquistare delle dosi di eroina di quei 150 grammi di sostanza stupefacente che, sempre secondo la ricostruzione della procura, uno dei fratelli avrebbe buttato dalla finestra nel giardino sottostante( droga poi recuperata dai militari). L’uomo questa mattina comparirà davanti al gup Domenico Canosa per il rito abbreviato scelto per i fatti di droga che gli vengono contestati. La tragedia si consumò nel dicembre dell’anno scorso all'interno di un palazzone sul lungomare Marconi. A fare irruzione nell’alloggio due militari in borghese, così come in tutte le operazioni di questo tipo, con una pattuglia del nucleo radiomobile in appoggio all’esterno e pronta ad intervenire per ogni evenienza. Da una prima ricostruzione il tunisino alla vista dei militari avrebbe cercato di spingerli indietro maneggiando un grosso coltello da cucina. E solo a quel punto dalla pistola del brigadiere sarebbe partito il colpo mortale.

Un colpo sparato dall'alto verso il basso, con l'obiettivo di spaventare l’uomo, e che dopo aver attraversato la porta lo avrebbe raggiunto alla coscia centrando l'arteria femorale.(d.p.)

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