L’ira dei metalmeccanici «Settore abbandonato da politica e istituzioni» 

I sindacati portano a esempio il caso della Veco di Martinsicuro: «L’azienda sta morendo dopo il fallimento, 50 famiglie senza futuro»

MARTINSICURO. «Abbandonati dalle istituzioni: Comune, Provincia, Regione e ministero». Questo il grido dall’allarme lanciato dai 50 operai della fonderia Veco e dai sindacati nella conferenza stampa tenuta ieri davanti ai cancelli chiusi della storica fonderia ora nelle mani del curatore fallimentare. A margine della conferenza stampa le organizzazioni sindacali dei metalmeccanici hanno anche anticipato i contenuti della giornata di sciopero nazionale in programma il prossimo 5 novembre. «Nella provincia di Teramo», fanno sapere i sindacalisti Mirko D’Ignazio (Fiom Cgil) e Marco Boccanera (Fim Cisl), «le ore di sciopero saranno 8 anche per focalizzare l’attenzione sulle tante vertenze aperte nella provincia aprutina nel settore delle "tute blu".
E tra le vertenze più complicate c’è senza ombra di dubbio quella della Betafence di Tortoreto. Maestranze e organizzazioni sindacali sono in attesa della nuova convocazione (la terza) del tavolo ministeriale a oltre tre settimane dall’ultimo vertice. Nel frattempo, l’azienda ha avviato la cassa integrazione per 30 persone per ogni turno di lavoro. Decisione per certi versi quasi scontata, visto il calo delle commesse anche alla luce delle scelte aziendali (dismissione dello stabilimento) comunicate a fine luglio. Davanti ai cancelli della Veco ieri c’era anche un gruppo di lavoratori della Betafence a portare solidarietà.
Per quanto riguarda la Veco, nessuna novità. «L’azienda sta morendo», le parole di Carlo Lupacchini, storico Rsu dell’azienda, «e con loro i 50 dipendenti e le loro famiglie, che terminato il periodo di cassa integrazione si troveranno ad affrontare grossi problemi vista anche l’età avanzata dei lavoratori che comporta difficoltà nell’inserirsi in un mondo del lavoro già fortemente compromesso. Abbiamo saputo di un interessamento di alcuni imprenditori all’acquisto della fonderia dopo il fallimento, ma questo non si è mai concretizzato e più passa il tempo e sono sempre più ridotte le possibilità che questo avvenga. Noi non vogliamo la cassa integrazione, noi vogliamo lavorare». Nessuna notizia, fanno sapere i lavoratori, da parte del curatore del fallimento, anche se ad oggi nessuna attrezzatura è stata venduta. Anche la trasformazione dell’ampia area della fonderia, che va da via Roma al lungomare, sembra assai difficile per gli elevati costi dovuti alla bonifica.
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