<strong>Il delitto Santoro. </strong>La rabbia dei due giovani, 16enni all’epoca dei fatti: «Ora vogliamo un risarcimento»

Non uccise il padre, la verità dopo 7 anni

Prosciolto insieme all’amico, per il giudice dei minorenni non ci sono indizi

TERAMO. Nessun colpevole per l’omicidio di Antonio Santoro, il pensionato di Silvi Marina che nel gennaio del 2003, a 62 anni, venne ammazzato a coltellate nel suo letto. Ieri il gup del tribunale per i minorenni dell’Aquila ha dichiarato il non luogo a procedere per il figlio della vittima, Leo, e un suo amico, Fabian D’Angelo, per non aver commesso il fatto. I due, all’epoca 16enni, sono stati fin dall’inizio gli unici indagati per quell’omicidio.

NIENTE INDIZI.
Le motivazioni del proscioglimento saranno rese note solo tra 45 giorni dal collegio gup presieduto da Silvia Reitano, ma è facile intuirle: se non si è neanche cominciato il processo per un’accusa come l’omicidio volontario aggravato vuol dire che non c’erano indizi gravi di colpevolezza a carico dei due indagati. Del resto, che non ci fossero elementi consistenti a loro carico era stato messo nero su bianco, già nel 2003, anche dal gip del tribunale dei minorenni Federico Eramo, che aveva respinto la richiesta di arresto proposta dal pm Antonella Picardi. Il pm si era appellato e il tribunale per i minorenni aveva respinto l’appello, sempre affermando la mancanza di gravi indizi.

LA REAZIONE.
Leo Santoro (difeso da Tommaso Navarra e Fausto Castelli) e Fabian D’Angelo (difeso da Carlo Ciattoni) oggi, a 23 anni, hanno una vita apparentemente normale e un lavoro. Ma ieri, all’Aquila, alla notizia del proscioglimento hanno reagito più con rabbia che con gioia. Per sette anni hanno vissuto con la spada di Damocle di un’accusa terribile e hanno dovuto fare i conti con la diffidenza dell’ambiente in cui vivono. Sembrano intenzionati a chiedere un risarcimento, ma per ora è solo un’idea.

IL DELITTO.
Antonio Santoro dopo essersi separato dalla moglie viveva da solo a Silvi. Il 21 gennaio del 2003 il suo cadavere fu scoperto da un parente. Era sul letto, seminudo, massacrato da 18 coltellate. Prima di essere trafitto era stato tramortito con dei colpi in testa, forse inferti con un casco. L’arma non fu mai trovata. Non c’era stato scasso, in casa era tutto in ordine. Santoro aveva appena vinto circa 5mila euro al Lotto e aveva altre somme contanti in casa. Tutte ritrovate, ben visibili.

L’INCHIESTA.
L’uomo aveva frequentazioni omosessuali accertate e i carabinieri, all’epoca, indagarono anche nell’ambiente gay. Poi, però, puntarono tutto sul figlio della vittima. Che, a quanto pare, voleva i soldi per comprare la playstation e sapeva della vincita del padre. Tuttavia nessuna delle tracce organiche trovate in casa dal Ris corrispondeva al Dna dei due giovani; negativi risultarono gli esami sui loro vestiti e i loro caschi; e per mesi furono sottoposti a intercettazioni telefoniche e ambientali senza che dalle loro conversazioni emergesse alcun elemento accusatorio.

LA DIFESA.
L’avvocato Tommaso Navarra commenta così il proscioglimento di Leo Santoro: «Abbiamo sempre creduto all’assoluta innocenza del ragazzo, ora è confermato: è del tutto estraneo all’omicidio ed è la vittima vera di questo processo».