Pulcini, l’ex deputato che fa il contadino

Ora produce pasta e olio e gestisce una tabaccheria

TERAMO. La felicità è un sistema meno complesso di come ce lo raccontiamo. In quell’arcipelago intimo chiamato serenità si cresce nel solco del proprio destino. «Che è quello della madre terra», assicura Serafino Pulcini. A 69 anni l’ex parlamentare teramano dei Progressisti, l’ex presidente dell’associazione costruttori teramani, l’ex titolare di un’impresa di indagini geognostiche e l’ex geologo – «perchè mi sono cancellato dall’albo dopo averlo guidato a livello regionale» – mette in fila i giorni tra la tabaccheria di via Roma e l’azienda agricola di San Nicolò in cui coltiva grano e produce pasta. «Perchè nella vita le scelte ci vogliono», dice mentre sfoglia foto che tra Giulio Andreotti, Massimo D’Alema, Armando Cossutta e Cesare Previti raccontano un pezzo di storia del Paese.

Nel 1994 lei, che all’epoca era presidente dell’associazione costruttori, venne eletto alla Camera nello schieramento dei Progressisti. Una elezione che sorprese molti perchè nessuno si aspettava una vittoria. Che cosa successe?

«Effettivamente nessuno, in partenza, si aspettava una vittoria così forte dello schieramento dei Progressisti. Ma l’Italia stava cambiando, c’era stata tangentopoli e il crollo dei vecchi partiti. Lo schieramento dei Progressisti mi aveva proposto la candidatura e il mio nome venne fatto da Ernino D’Agostino (recentemente scomparso, ndr) che non potrò mai dimenticare per la sua onestà intellettuale nonostante spesso abbiamo avuto idee diverse. Gli chiesi: ma perchè dovrei farlo? E lui mi rispose: perchè qualsiasi cosa succeda ti resterà l’impegno. La sorpresa dei risultati fu davvero tanta: nessuno si aspettava che la Dc fosse spazzata via, che ci fosse l'esplosione di Forza Italia. In quell’elezione i miei avversari furono Lino Nisii, Walter Mazzitti e Marcello Cocciolito, tutte persone già impegnate in politica mentre io non l’avevo mai fatta. La spuntai su tutti con quasi 29mila voti, per l’esattezza 28mila e 972».

Lei è stato parlamentare dal 1994 al 1996. Ricorda un progetto di legge presentato?

«Quando faccio una cosa io la devo capire e quindi mi impegnai a capire come funzionasse la macchina del parlamento e mi accorsi che le leggi venivano pubblicate in una maniera vergognosamente illeggibile. Cioè impossibile da comprendere ai cittadini. Così mi impegnai a presentare un progetto di legge sottoscritto da un centinaio di colleghi per la semplificazione del sistema legislativo. In particolare le leggi non dovevano contenere il rimando ad altre leggi: una legge nuova deve nascere solo come legge nuova. Insomma proponemmo un sistema con meno leggi ma più semplici e più chiare. Mi aiutò Sabino Cassese, ma rimase solo una proposta».

Poi l’esperienza politica finì e lei tornò a fare l’imprenditore e il presidente dell’associazione costruttori.

«Io non ho mai avuto bisogno della politica per vivere. L’impegno mi era piaciuto, ma quando l’esperienza finì tornai a fare l’imprenditore anche se ho sempre continuato a seguire la politica e nel 2000 mi proposero di entrare nella coalizione dei centristi. Accettai perchè volevo continuare a mettere al servizio degli altri l’esperienza maturata in quegli anni. Non mi sono mai dato da fare per avere rendite di posizione. Poi nel 2005 mi richiamarono a fare il presidente provinciale dell’associazione costruttori, che ho guidato fino al 2010. Sono stati i primi anni della crisi, quelli in cui il sistema dell’edilizia è stato spazzato via. Anni molto difficili che ancora pesano perchè il sistema non è ripartito nonostante i tanti proclami».

Nel 2010 lei ha messo in liquidazione la sua impresa di indagini geognostiche dopo anni di presenza, anche importante, sul territorio provinciale e regionale. Un’altra vittima della crisi ?

«Non ho visto più un futuro per l’impresa. Io ho sempre cercato di portare avanti l’attività di impresa nella legalità nonostante non mi siano mancate pressioni per entrare nel sistema malato delle mazzette. Pressioni che ho sempre respinto. Perchè purtroppo, e sottolineo questo purtroppo che per me ha il sapore della sconfitta dopo anni di impegno politico e nell’associazione, mi sono reso conto che il sistema tangentopoli è peggiorato. Poi sono aumentati i costi della gestione, avere commesse è diventato sempre più complicato. E poi il sistema bancario è quello che è ed ora tutto sta venendo fuori. Io ho fatto causa ad alcune banche per anatocismo ed ho vinto, ma mi sono potuto permettere di fare tutto questo perchè non avevo esposizione con le banche».

Poi sono arrivate la tabaccheria e l’azienda agricola.

«Quando è capitata l’occasione di acquistare la tabaccheria, che è di mia moglie, l’abbiamo fatto. L’azienda agricola è stata come tornare alle origini perchè io sono figlio di agricoltori e i miei mi hanno lasciato la terra. Da ragazzi eravamo convinti di scappare dall’agricoltura, ma la madre terra è il nostro grande punto di riferimento, la nostra protezione. E questo l’ho sempre saputo, forse anche per questo ho scelto di studiare geologia perchè le scelte di vita raramente avvengono per caso. Con la terra quantomeno si mangia. Noi abbiamo sempre coltivato i nostri terreni, io ho aiutato i miei genitori e miei figli Marta e Luca, studenti, oggi aiutano me. Coltivo il grano duro "senatore Cappelli", un’antica varietà di grano che è diventato il capostipite dei grani attuali. Produco pasta che vendo su internet e in alcuni negozi della zona. Il ritorno all’agricoltura è un ritorno ai valori veri dei beni materiali, ti rendi conto di che cosa hai in mano, di quanta fatica c’è dietro a un prodotto, di quello che stiamo rischiando di distruggere. A metà degli anni Settanta mi occupavo di perforazioni. Dovevo eseguire delle indagini in un campo di grano a Roma dove sarebbero sorte delle case popolari. Il committente aveva fretta e mi disse di accedere al campo senza curarmi del grano. Arrivai con tutte le autorizzazioni, ma il contadino si piantò all’accesso al fondo. Dissi che gli avremmo pagato tutto il grano, invitandolo a spostarsi. Rispose che il grano non si paga, ci invitò a passare sopra a lui e non sopra al grano. Quando arrivarono i carabinieri ci convinsero ad aspettare la trebbiatura, perchè il grano non si distrugge. Quel contadino aveva ragione».

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