Reparto Asl sequestrato l’inchiesta ora si allarga

Per il centro mai autorizzato di fecondazione assistita rischia anche la Regione Il tribunale del malato: Varrassi assicuri che le ispezioni di legge sono state fatte

TERAMO. Il sequestro del laboratorio del centro di fisiopatologia della riproduzione ha scosso la Asl dalle fondamenta. L’inchiesta condotta dal pm Davide Rosati contesta l’apertura del reparto senza la necessaria iscrizione nel registro dell’Istituto superiore di sanità. Un filone dell’inchiesta - oltre al principale che riguarda la Asl e che ha comportato cinque avvisi di garanzia ai dirigenti Asl Giustino Varrassi, Camillo Antelli, Gabriella Palmeri, Goffredo Magnanimi e al reponsabile dell’unità operativa Francesco Ciarrocchi - potrebbe riguardare la Regione. A questo ente la Asl ha inviato una richiesta di accreditamento del centro. La Regione non ha risposto, pare non abbia inviato nemmeno la documentazione al ministero, però ha approvato l’atto aziendale redatto da Varrassi che prevede l’esistenza dell’unità in questione.

I vertici della Asl non commentano, ma inviano una nota che contribuisce a fare confusione: «Il sequestro del laboratorio non impedisce in alcun modo le normali attività del centro di fisiopatologia, che continua, con il personale medico e infermieristico e con tutte le attrezzature, la normale erogazione di servizi (attività diagnostiche, dalle visite agli esami, per l'inquadramento della coppia). E' chiaro che nessuna disfunzione qualitativa e nessuna sospensione di assistenza è stata determinata dall'atto giudiziario». La Asl tralascia di dire che l’attività principe, cioè le inseminazioni artificiali, sono sospese da più di 20 giorni per decisione adottata, in via preventiva, da Ciarrocchi.

Intanto il Tribunale del malato parla di «indignato stupore». La vicepresidente Stefania Migliaccio osserva che la procreazione medicalmente assistita (Pma) è regolata dalla legge 40 del 2004 che prevede, oltre alla registrazione (che non c’è), che le Regioni definiscano i criteri per i controlli sul rispetto delle disposizioni e sul permanere dei requisiti tecnico-scientifici ed organizzativi delle strutture e l'obbligo per tutte le strutture autorizzate di seguire le linee guida, predisposte dal ministro della Salute. Il Tdm nel chiedersi «come sia possibile che simili delicate e complesse attività possano svolgersi nell'inosservanza di disposizioni di legge», invita i vertici della Asl a fornire ai cittadini ampie garanzie che i controlli e le ispezioni imposti dalla legge sono stati regolarmente ed efficacemente effettuati e che le procedure e le tecniche di Pma sono quelle indicate nelle linee guida. Il Tdm chiede anche che eventuali sanzioni (da 300 a 600mila euro)« siano a carico dei responsabili dell'accaduto e non delle casse della Asl, onde evitare che oltre a doversi affidare a servizi non autorizzati i cittadini debbano accollarsi anche le conseguenze economiche».

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