Costiera dei Trabocchi

Borghi, spiagge e natura


La Costa dei Trabocchi, che si estende lungo l’Adriatico da Francavilla a Vasto, è ormai famosa nel mondo e costituisce motivo d’orgoglio per tutti gli abruzzesi. Da sempre essi fanno a gara a esaltarne le caratteristiche facendo appello a una cultura millenaria, che spazia da un patrimonio ambientale e storico-artistico di pregio a un’enogastronomia d’eccellenza, fiore all’occhiello del made in Italy. I trabocchi sono strane e complesse macchine da pesca, issate su palafitte e sorrette quasi miracolosamente da una ragnatela di cavi e assi. Non hanno una forma stabile, ma, nelle loro parti essenziali, consistono in piattaforme, composte da tavole e travi non completamente connesse, elevate su primitivi pilastri conficcati sul fondo del mare o su scogli, e congiunte alla vicina riva da esili passerelle. Dalle piattaforme si staccano le antenne, che sostengono le reti per mezzo di un complicato sistema di carrucole e funi. Qui sopravvivono, alla cementificazione in corso, gioielli di rara bellezza dai nomi accattivanti: Cungarelle, Trave, Casarza, S. Nicola, Canale, Vignola, Punta Penna, Libertini, Punta Aderci, Mottagrossa, Fosso Canale, Punta Cavalluccio, Pesce Palombo, dove ancora è possibile immergersi in una natura rigogliosa tra orti e pinetine che sfiorano spiaggette rocciose presiedute dai primitivi trabocchi dei pescatori o godere di viste mozzafiato. Viaggio sui Trabocchi Le ipotesi Sull’etimologia di “trabocco” (dal termine dialettale “TRAVOCCHE”) sono molteplici, si pensa che possa derivare: - dal termine latino TRABS (legno, albero, casa);“ trabocchetto” che si tende al pesce; - La tecnica di conficcare pali tra gli scogli “attraverso buchi”; - dal trabocco “antica macchina guerresca” costituita essenzialmente da una grossa trave di varia lunghezza ruotante intorno a un perno e utilizzata per lanciare pietre o fuochi a somiglianza delle grosse “balestre”; - “trabiccolo” usato nei frantoi per spremere le olive molto simile all’argano che è situato sul tra-bocco. Il Trabocco, che per secoli è stato mezzo di sostentamento per molte generazioni di pescatori, oggi è diventato un’icona della nostra Regione ed in particolare un simbolo della costa centro-meridionale abruzzese la quale è stata appunto definita “Costa dei Trabocchi”.


Da “macchina da pesca” efficiente e prospera si è trasformato, nel tempo, in elemento architettonico in grado di valo-rizzare l’aspetto estetico e paesaggistico del territorio in cui esso è “ancorato”. Infatti, i cambiamenti climatici, ambientali, morfologici e socio-economici, hanno portato ad una modifica della destinazione tipica del trabocco stesso. Iniziando l’analisi dalle origini storiche di questa struttura dobbiamo subito precisare che nessuno è in grado di stabilire con esattezza l’epoca in cui i trabocchi siano stati ideati e costruiti per la prima volta. Si può solo supporre che l’uomo li abbia inventati per evitare di affrontare il mare aperto per la pesca riducendo al minimo il rischio di intemperie. Uno dei primi e più antichi documenti scritti che fornisce indicazioni sulla presenza dei trabocchi nella nostra zona risale al 1400 d.C. Si tratta di un opera religiosa che narra della vita di Pietro da Morrone, frate eremita vissuto nel monastero di San Giovanni in Venere in Fossacesia intorno al 1240 e più tardi diventato il famoso Papa Celestino V. In esso si legge:“… più che il mare calmo, che luccicava sotto il sole della tarda matti-na, punteggiato dai trabocchi posti come vedette verso il confine del cielo, mi colpiva la grande Badia. Era la cosa più bella che avessi mai visto”. Da questo documento si deduce, pertanto, che nel 1240 i trabocchi già esistevano sulla costa abruzzese. Ciò rende l’idea dell’antichità e dell’importanza storica, artistica e culturale che le “bi-lance da pesca” attualmente rivestono. Le tecniche utilizzate per la costruzione delle “macchine da pesca” sono frutto di una sapienza costruttiva mai scritta, tramandata con la parola e la pratica, dagli antichi traboccanti. I trabocchi sono vere e proprie “architetture senza architetti” in quanto la loro costruzione diffi-cilmente può essere tradotta in calcoli e restituita in disegni ma avviene sulla base di quanto “detta-to” dei professionisti del mestiere. (Tratto dalla tesi di laurea “VALORIZZAZIONE ED UTILIZZA-ZIONE ECONOMICA DELLE PREESISTENZE TERRITORIALI: UN CASO APPLICATIVO SULLA CO-STA TEATINA” a cura del Dott. Fabio Caravaggio)

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