D’Agostino, la procura di Chieti blocca l’arresto come per Berlusconi
Deve scontare 3 anni e 3 mesi per lo scandalo delle case in cambio di sesso. Come accadde all'ex premier, l'ex asssessore può scontare la pena ai servizi sociali oppure ai domiciliari
CHIETI. Ivo D’Agostino, niente carcere. L’ex assessore se la cava e tira un sospiro di sollievo, anche se il suo destino, che ricorda molto da vicino quello di Silvio Berlusconi, era già segnato. Come l’ex cavaliere, D’Agostino ha patteggiato una pena che, diminuita dei sei mesi trascorsi ai domiciliari, scende sotto i tre anni. Quindi può evitare il carcere e sperare nella concessione dell’affidamento ai servizi sociali, come Berlusconi. Tutto, per l’ex assessore, è stato deciso nel giro di 48 ore: la Cassazione ha inviato alla procura di Chieti l’ordine di esecuzione per arrestarlo e condurlo a Madonna del freddo. Ma subito dopo, e come atto praticamente dovuto, il procuratore Pietro Mennini ha firmato il decreto che sospende l’arresto. Tocca ora al difensore, Alessandro De Iuliis, presentare l’istanza di affidamento ai servizi sociali o, nella peggiore delle ipotesi, di detenzione ai domiciliari. La decisione finale spetta al giudice di sorveglianza, ma la difesa di D’Agostino ha giàcentrato il suo obiettivo.
L’ex assessore comunale alle politiche della casa era finito nella bufera nel 2013 per concussione e violenza sessuale su sei donne disperate. La Cassazione, due mesi fa, ha confermato i tre anni e tre mesi di reclusione patteggiati in primo grado a Chieti da D’Agostino per lo scandalo degli alloggi in cambio di sesso.
Ma l’ex assessore è potuto rimanere a lavorare nella Asl, di cui è dipendente, e fra due anni e pochi mesi non sarà più interdetto dai pubblici, oltre ad aver evitato l’onta del carcere.
La sentenza definitiva porta la firma di un giudice donna, Anna Petruzzellis, come lo è il gup Antonella Redaelli che, in primo grado, applicò una pena ben più pesante perché l’imputato era stato interdetto in modo perpetuo dai pubblici uffici mentre adesso, se lo volesse, potrebbe anche ricandidarsi alle prossime elezioni amministrative.
La Suprema Corte peraltro ha annullato, senza rinvio, una pena accessoria sostanziale, quella dell’estinzione del rapporto di lavoro, accogliendo uno dei motivi principali del ricorso del difensore De Iuliis che è riuscito, in parole semplici, a dare lo stop anche agli effetti della legge Severino.
Come? E’ vero che quest’ultima prevede la perdita perpetua dell’impiego in una pubblica amministrazione per gli imputati condannati a più di tre anni per reati contro la stessa. Ma nel caso di D’Agostino i tre anni e tre mesi patteggiati comprendono, oltre alla concussione, anche la violenza carnale e, a conti fatti, la pena per ciascuna delle due imputazioni è inferiore al limite previsto dalla Severino.
Rimanendo nell’interpretazione delle norme che hanno permesso a D’Agostino di cavarsela con una pena attenuata c’è da dire che nessuna delle sei vittime di violenze, consistite prevalentemente in toccamenti e baci, era minorenne. Quando si dice vite parallele. Per lo stesso motivo, infatti, Berlusconi ottenne l’affidamento ai servizi. Sempre che il giudice di sorveglianza ora dica sì anche all’ex assessore travolto dallo scandalo degli alloggi in campo di sesso.