Sesso per una casa, definitiva la condanna dell'ex assessore di Chieti

La Cassazione conferma tre anni e tre mesi a Ivo D’Agostino che però non perde più il lavoro e per ora non va in carcere

CHIETI. E’ un giudice donna a scrivere la parola fine sulla vicenda giudiziaria di Ivo D’Agostino, l’ex assessore comunale alle politiche della casa finito nella bufera per concussione e violenza sessuale su sei donne disperate. La Cassazione ha confermato i tre anni e tre mesi di reclusione patteggiati a Chieti da D’Agostino per lo scandalo degli alloggi in cambio di sesso. Ma l’ex assessore può rimanere a lavorare nella Asl, di cui è dipendente; fra due anni, 11 mesi e 10 giorni non sarà più interdetto dai pubblici uffici; e non andrà in carcere perché può chiedere, attraverso il difensore Alessandro De Juliis, di essere ammesso ai servizi sociali, come ha fatto Berlusconi. La sentenza è diventata definitiva ieri e la sua relatrice era la giudice Anna Petruzzellis, una donna come il gip Antonella Redaelli che applicò all’ex assessore la pene ora confermata con due grossi sconti per l’imputato che, in primo grado, era stato interdetto in modo perpetuo dai pubblici uffici mentre adesso, se lo volesse, potrebbe anche ricandidarsi alle prossime elezioni amministrative.

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Così come la Suprema Corte ha annullato, senza rinvio, la pena accessoria più pesante, l’estinzione del rapporto di lavoro, accogliendo uno dei motivi del ricorso. E’ vero che, in questo caso, la legge Severino prevede la perdita sine die dell’impiego in una pubblica amministrazione per gli imputati condannati a più di tre anni per reati contro la stessa. Ma nel caso di D’Agostino i tre anni e tre mesi patteggiati comprendono, oltre alla concussione, anche la violenza carnale e, a conti fatti, la pena per ciascuna delle due imputazioni è inferiore al limite previsto dalla Severino. Sempre rimanendo nell’ambito delle alchimie della giustizia e per capire tutti i perché della pena attenuata c’è da dire che nessuna delle vittime delle violenze, consistite prevalentemente in toccamenti e baci, era minorenne e ciò permette alla difesa di sperare che la pena residua (diminuita dei sei mesi già trascorsi ai domiciliari) sia scontata ai servizi sociali. Sempre che il giudice di sorveglianza dica sì. Ma la Cassazione non ha accolto la riqualificazione del reato da “concussione per costrizione”, un vero e proprio ricatto subito dalle vittime, in “concussione indotta”, un ricatto più soft in cui la vittima avrebbe comunque ottenuto il beneficio di un alloggio popolare.

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In realtà i giudici non entrano nel merito della vicenda, hanno semplicemente detto no alla riformulazione perché era stato D’Agostino, attraverso il difensore pugliese, a chiedere di patteggiare per la più grave delle due concussioni. Ma oggi il nuovo difensore spiega così quella scelta: «Fermo che il patteggiamento non costituisce riconoscimento dei fatti attribuiti, a D'Agostino rincresce di essersi visto costretto alla scelta del patteggiamento dallo strepito di una vicenda che, per come rappresentata dai media, rischiava di danneggiare oltremodo anche la sua famiglia e le attività benefiche e caritatevoli svolte dalla stessa». Quindi di suor Vera D’Agostino che ora potrebbe accogliere il fratello della sua comunità di Brecciarola per fargli espiare il debito con la giustizia.