FRANCAVILLA

Addio Gabriele Pomilio, l'anima di Pescara

Vincente nello sport e nell’imprenditoria, venerdì avrebbe compiuto 79 anni. Non ha voluto funerali: per l’ultimo saluto, oggi camera ardente all’obitorio

PESCARA. Si preparava a festeggiare il trentennale del primo scudetto della pallanuoto pescarese a giugno, con tutti i suoi ragazzi, i campioni di una stagione capace poi di regalare alla città, dopo quell’impresa nell’87, altri due scudetti, una Coppa dei Campioni, due Supercoppe, tre Coppe delle Coppe, una Coppa LEN e 5 Coppa Italia.
Ma non ha potuto, non ci è arrivato Gabriele Pomilio, storico dirigente della pallanuoto italiana prima ancora che pescarese, responsabile delle squadre Nazionali fino al 1998. Con il merito di aver portato in Italia il tecnico croato Ratko Rudic che con il suo Settebello regalò alla pallanuoto azzurra l’epico oro olimpico di Barcellona ’92 nella finale con la Spagna. Quando i “pescaresi” Marco D’Altrui e Amedeo Pomilio, figlio di Gabriele e oggi vice del ct Campagna, batterono l’ex compagno di squadra Manuel Estiarte. Il Maradona della pallanuoto che Pomilio, sempre lui, riuscì a portare a Pescara quando la squadra era ancora in A2.

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Alle soglie dei 79 anni che avrebbe compiuto venerdì, Pomilio è morto ieri mattina all’ospedale civile dov’era ricoverato da qualche giorno. Problemi cardiaci che aveva superato parzialmente un mese e mezzo fa, dopo un altro ricovero, ma che stavolta sono stati più forti di tutto. Più della sua volontà e più dei suoi vulcanici progetti. Ma resta quello che ha fatto, uomo di sport, che a pallanuoto aveva giocato ai tempi dell’università a Roma con l’amico che tornava spesso a trovarlo, Bud Spencer; ma anche geniale creativo, autore di un’infinità di marchi e campagne pubblicitarie capaci di resistere ai tempi e anche ai gusti. Come il manifesto di Pescara jazz, con le strisce colorate a formare la spiaggia, il cielo e la luna. O quello della Società del teatro; il logo della gelateria Berardo, del centro sportivo Yale, di River e di tutto il gruppo Monti. Un elenco lunghissimo, in cui c’è anche una maglietta del Pescara calcio con un delfino stilizzato su fondo blu. Un elenco che finisce, una delle sue ultime creazioni prima di ritirarsi per problemi di salute, con il pallone di Maradona usato ai Mondiali di Francia 1998. «Gabriele ha fatto la storia, con la prima agenzia pubblicitaria fondata a Pescara nel 1965», ricorda uno dei suoi storici collaboratori, Francesco De Marco, oggi titolare dell’agenzia Alice. «E ci si accostò quasi per caso. Prima disegnando le etichette dei liquori che produceva la distilleria di famiglia, l’Aurum, poi anche le etichette dell’acqua Sangemini e della Ferrarelle, al tempo in cui avevano il gruppo di distribuzione alimentare Pomilio Italia. Ma poi vennero le campagne per De Cecco, per la Vemac, tutte le campagne storiche di Santomo, dal cuore in poi, quelle di Valerio Santilli. Tutti i personaggi storici passavano dal suo studio. Tutti gli imprenditori dovrebbero fargli un monumento».

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«È stato una fucina di marchi», ricorda Franco Pomilio che con il fratello Massimo ha sviluppato dal 2003 la Pomilio Blumm creata dal padre Oscar e dallo zio Gabriele, unione delle competenze di marketing di Oscar con l’estro e le capacità grafiche che Gabriele già esprimeva con la sua agenzia Pomilio Idee. E di lui Franco dice: «Gabriele ha iniziato quando di pubblicità c’era solo il carosello, creando marchi che fanno parte della storia della nostra regione. Penso al Mall, il primo centro commerciale d’Abruzzo, ma anche i tanti prodotti D’Amico, i liquori come la Centerba dei Toro, il marchio di Cantina Tollo, il centauro, una delle sue creazioni. Il mondo del vino è passato dalle vendita sfusa alle linee di grande qualità e nobiltà di oggi attraverso lui. Villa Gemma, Marina Cvetic, sono prodotti del design di Gabriele. Cose che continuano a resistere nel tempo. Penso anche a Pescara è vicina, che si legge ancora sulle mattonelle di Pescara, era stato creato da lui ai tempi dell’ente di promozione turistica quando ancora Pescara era vicina al mercato turistico. E poi il rinoceronte, un simbolo che appartiene proprio alla sua storia, il simbolo che ha contraddistinto prima la sua Pomilio Idee e poi la Pomilio Blumm». Della creazione di quel rinoceronte, che Pomilio collezionava in ogni foggia fino ad averne più di 500, lo stesso Gabriele ne aveva parlato al Centro (di cui aveva curato la campagna di lancio nel 1986) in un’intervista del 2010: : «È un animale che mi piaceva, era l’idea della pubblicità che avanza, che travolge e arriva a destinazione». Ma come ricorda ancora De Marco, «del rinoceronte Gabriele diceva anche che aveva il suo carattere, un animale che non ci vede bene da lontano e carica. Poi si avvicinava e torna a essere mite.

Lui era così, prima ti investiva, irascibile, e poi passava tutto». «Era unico nel suo genere, le genialate che ha fatto sono innumerevoli», racconta Gianni Santomo, presidente degli anni d’oro della Sisley pallanuoto quando il suo vice era Gino Pilota. «Entrai quando la squadra era in crisi, 1983, 1984 credo. La sera andavo a mangiare al Nastro azzurro e il proprietario era Ivano Malaspina, un amico di merende di Gabriele Pomilio, Felipe, così lo chiamavano gli amici. Malaspina mi disse: c’è la Libertas Pescara nuoto in difficoltà, vedi se puoi fare lo sponsor con Benetton o Sisley. E lì conobbi il vulcanico Gabriele Pomilio, di cui avevo già sentito parlare, un maestro della comunicazione. Entrai che la società era in difficoltà aveva dei debiti, Benetton voleva la squadra vincente, e Gabriele era un vincente. Con lui è morta una parte importante della mia vita.

Il ricordo più bello? L’anno del triplete. Ma adesso basta, mi emoziono». «Gabriele era malato di pallanuoto», dice Franco Di Fulvio altro storico giocatore di quegli anni, legatissimo a Pomilio, «lo conobbi che avevo 9 anni, quando era un dirigente della Pescara Pallanuoto, 1974. Da lì riuscì a creare dal nulla una squadra, un miracolo tecnico e imprenditoriale, perché riuscì anche a trovare i fondi, con il grande aiuto di Santomo. È stato il più grande dirigente della pallanuoto italiana, anche per come ha organizzato la federazione che non vinceva niente. E che con lui, come a Pescara, a fine anni Novanta ha vinto tutto. È stata una persona che mi ha dato una grossa mano nella mia vita. Un aneddoto? Una partita a scopa transoceanica. Iniziammo a giocare in aereo da Toronto, e continuammo per 13 ore. Nell’ultimo tratto da Roma a Cocullo, dopo 13 ore svenni di stanchezza. Il vincitore morale fu lui». Niente funerali per Gabriele Pomilio. Così ha lasciato detto alla moglie Marizia e ai figli Amedeo, Franca e Paola. Per l’ultimo saluto, camera ardente all’obitorio dell’ospedale di Pescara.

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