Cinghiali, in Abruzzo flagello da 3 milioni l’anno 

Stima Coldiretti sui danni nei campi. Liti sui risarcimenti Pepe: «10mila abbattuti». I 5 Stelle: «Si brancola nel buio»

L’AQUILA. «I cinghiali mangiano e distruggono. E le istituzioni litigano». L’emergenza fatta di campi devastati, contadini infuriati, gravissimi incidenti stradali ed elefantiaci contenziosi è racchiusa nella frase di Dino Rossi, presidente del Cospa Abruzzo, organizzazione autonoma a tutela degli interessi di allevatori e agricoltori con sede a Ofena, nell’Aquilano. Rossi è uno dei tanti che non ne può più. «Parchi, Regione, Province, Ambiti di caccia: troppi galli e nessuno che si mette d’accordo per fronteggiare l’avanzata di questi animali», prosegue Rossi, «io stesso sono in causa con il Parco Gran Sasso-Monti della Laga perché da sette anni aspetto 50mila euro di risarcimento danni».
È UN’INVASIONE. I danni, appunto. Ne sanno qualcosa i coltivatori di lenticchie o di zafferano, di mais o di pomodori. Per l’Abruzzo i cinghiali sono diventati un autentico flagello e ormai si incontrano anche in riva al mare. Coldiretti Abruzzo stima che a livello regionale i danni da fauna selvatica all’interno delle aree protette e non protette ammontino a tre milioni di euro l’anno, ma solo per il settore agrozootecnico. Circa la metà riguarda le aree fuori dai parchi, per un totale di 1.200 domande di risarcimento nel 2016. «I danni causati oggi dalla fauna selvatica vengono rimborsati solo parzialmente e spessissimo con notevole ritardo», afferma Giulio Federici, direttore di Coldiretti Abruzzo, «ci risulta un ulteriore 20% di domande di risarcimento mai avanzate. Non sono pochi gli imprenditori agricoli che, scoraggiati da una situazione di stallo, hanno rinunciato perfino a fare domanda di indennizzo».

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E sui risarcimenti Coldiretti dà una stoccata. «Dal 2015 i risarcimenti vengono equiparati in Abruzzo ad aiuti di Stato», aggiunge Federici, «questo vuol dire che gli imprenditori non possono essere risarciti nell’arco di 3 anni con più di 15mila euro, cifra che spesso è notevolmente inferiore rispetto ai danni provocati». Il tema più caldo è appunto quello dei risarcimenti.
IL PARCO OCCUPATO. Solo pochi giorni fa un gruppo di agricoltori ha occupato la sede del Parco regionale Sirente Velino a Rocca di Mezzo. Protesta sostenuta con forza da Confagricoltura per lamentare i mancati ristori. Un centinaio di aziende attende i rimborsi per i danni da fauna selvatica per il 50% dal 2010, da parte della Regione, e per il 75 per cento dal Parco Sirente Velino, che tuttavia è riuscito a pagare gli indennizzi fino al 2015. Il braccio di ferro ha portato la Regione a stanziare 215mila euro per i danni pregressi.
RIMBORSI E RITARDI. Una goccia nell’Oceano. Come denuncia Gianluca Ranieri, attuale capogruppo del Movimento 5 Stelle in Regione: «Ad oggi esistono debiti della Regione Abruzzo nei confronti degli agricoltori risalenti anche al 2010, il cui ammontare complessivo potrebbe superare i 4 milioni e mezzo di euro. Il condizionale però è d’obbligo, perché la Regione non solo non paga, ma non provvede nemmeno a verificare con precisione l’ammontare dell’importo. In sostanza, si brancola nel buio tanto dal punto di vista della misurazione del problema che della sua soluzione».
CACCIATORI E PROTESTE. Torniamo all’iniziale frase di Rossi e ai contenziosi. L’ultimo ha riguardato l’Ambito di caccia Vomano e Salinello, in provincia di Teramo: il Tar ha dato ragione ai cacciatori (che pagano le tasse per sparare) e ha fermato i selecontrollori messi in campo dalla Regione. Risultato? Coldiretti, al motto «abbiamo superato i limiti», ha presentato le dimissioni dei propri rappresentanti all’interno degli Atc teramani.

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COSA FA LA REGIONE? L’assessore regionale alle Politiche agricole, Dino Pepe, evidenzia il grido di dolore e illustra i possibili rimedi. «La caccia di selezione tutto l’anno», precisa Pepe, «ovvero la possibilità per i cacciatori coordinati dagli Atc di prelevare il cinghiale anche al di fuori del canonico periodo di caccia, consentendo di abbatterli anche nei periodi di maggior danno alle produzioni agricole, è stata una scelta che intendiamo difendere con determinazione. Così come la modifica al Regolamento degli ungulati che ha riaperto la caccia in squadra anche nelle aree non vocate. Territori, questi, in cui, malgrado la presenza massiccia della specie nelle aree coltivate, questo tipo di caccia era paradossalmente vietata nel precedente testo. Abbiamo avviato i lavori per la predisposizione del nuovo Piano faunistico venatorio regionale, fermo al 1992, che è lo strumento essenziale di programmazione e pianificazione faunistico-venatori. Gli interventi attuati, fino ad oggi e nel loro complesso, compresa la caccia in braccata, hanno consentito di abbattere circa 10.000 cinghiali con una probabile evidente ricaduta positiva in termini di riduzione del danno e conseguente riduzione della spesa pubblica regionale. I dati definitivi saranno forniti nei prossimi mesi, allorquando gli Atc presenteranno il piano di assestamento faunistico per il cinghiale».
CARNI E 400 MILA EURO. La Regione ha approntato un bando per assegnare specifiche risorse destinate a finanziare le imprese agricole regionali che, unitamente alle associazioni di categoria e ad altri potenziali operatori di filiera interessati, presentano progetti finalizzati alla valorizzazione della selvaggina, in particolare dei cinghiali abbattuti o catturati. Questa misura prevede la trasformazione e l’avvio di produzioni anche nella grande distribuzione, consentendo agli agricoltori di aprire attività di trasformazione e vendita delle carni di cinghiale da avviare al mercato. Il bando da 400mila euro è pubblicato su www.regione.abruzzo.it/agricoltura e sulla piattaforma https://app.regione.abruzzo.it/avvisipubblici/. Le domande per partecipare alla selezione vanno presentate entro le ore 14 del 30 settembre 2017. «Questo progetto», conclude l’assessore Pepe, «consentirà di attivare la svolta da lungo tempo attesa per trasformare questa calamità in risorsa economica per le aziende agricole».
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