Pedofilia

Pescara, il ragazzo conferma: don Vito abusò di me

Faccia a faccia in aula tra il giovane e il prete accusato di violenza: mi disse vado a fare la doccia, raggiungimi

PESCARA. Voce sicura, nessuna sbavatura nella ricostruzione e il racconto di quella sera che sarebbe stato coerente con la prima versione accusatoria: «Don Vito mi ha detto “vado a fare la doccia. Lascio la porta aperta, se vuoi mi puoi raggiungere e io andai».

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Ha 18 anni, oggi, il giovane che ha fatto scattare l’inchiesta che ha messo nei guai per abusi sessuali su un minore don Vito Cantò, il prete di 42 anni originario di Cepagatti e parroco della chiesa di San Camillo de Lellis a Villa Raspa di Spoltore da cui è stato allontanato. La presunta vittima, ieri, è entrata da maggiorenne nell’aula del tribunale dove però è stata chiamata a ricostruire, nel corso dell’incidente probatorio durato un’ora e mezza, cosa accadde con il prete quando aveva solo 16 anni. Così, il giovane e don Vito Cantò si sono ritrovati faccia a faccia nell’aula ma non si sono detti una parola mentre il ragazzo ha risposto alle domande del giudice per le indagini preliminari Mariacarla Sacco e del pm Salvatore Campochiaro.

«Cos’è accaduto quella sera del 2011?», ha domandato il pm Campochiaro e il ragazzo, sostenuto da due medici e dal suo avvocato Vincenzo Di Girolamo, ha iniziato il doloroso racconto partendo dalla birra offerta, quella che per l’accusa sarebbe servita al prete per stordire i giovani, fino alla doccia in cui si sarebbe consumata la violenza senza costrizione. «Mi trovavo a casa di don Vito», ha raccontato il giovane, «e il prete mi ha offerto una birra e poi altre due. Abbiamo iniziato a parlare», ha proseguito. «Di cosa?», ha chiesto il pm. «Don Vito mi parlava della masturbazione tra persone dello stesso sesso, io all’epoca avevo 15 anni...». E’ a quel punto che, secondo l’accusa e le indagini della squadra Mobile di Pierfrancesco Muriana, che il prete avrebbe “adescato” il minore. «Don Vito mi disse che andava a fare una doccia e che avrebbe lasciato la porta del bagno aperta e io sono andato. Una volta all’interno abbiamo iniziato a masturbarci reciprocamente e abbiamo fatto sesso orale e poi l’abbiamo ripetuto sul divano».

Parla con voce sicura, il giovane, confermando quello che aveva messo a verbale in questura e spiegando ai magistrati anche il rapporto di fiducia con don Vito, quello di un giovane fedele che frequentava una parrocchia. Ed è per questo, ha aggiunto il ragazzo, «che i miei genitori si fidavano se andavo a casa di don Vito. Anche i miei genitori lo conoscevano ed erano tranquilli se mi trattenevo a casa di don Vito anche alle 23».

Una deposizione che combacerebbe con la prima fatta di fronte ai poliziotti solo più rilevante proprio perché in sede di incidente probatorio: la versione della vittima di ieri sarà cristallizzata ed entrerà direttamente nel processo come prova.

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Nessuna domanda, invece, è arrivata dall’avvocato del prete Giuliano Milia che ha partecipato all’udienza di fronte al gip con i suoi consulenti né dallo stesso avvocato del ragazzo Di Girolamo che ha ritenuto che il giovane avesse già detto tutto. Ma gli inquirenti hanno anche chiesto alla presunta vittima se il prete avesse tentato di avvicinare altri ragazzi e, anche in questo caso, il giovane avrebbe risposto di sapere che si sarebbe mostrato nudo ad altri. L’originaria versione accusatoria sarebbe così stata confermata dalla presunta vittima che avrebbe allontanato, però, la sua partecipazione da quella che era stata definita “la banda del bicchiere”, una sorta di gioco perverso in cui ognuno si sarebbe attribuito un nomignolo.

L’incidente probatorio è durato un’ora e mezza e, intorno alle 16, don Vito e il suo accusatore hanno lasciato il tribunale. Adesso, il pm dovrà chiudere l’inchiesta e passare alla probabile richiesta di rinvio a giudizio.

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