Pozzi sospetti riapertiper fermare l’emergenza

Meglio avere acqua meno pura che restare a secco. Così, per fare fronte alle difficoltà che da 47 giorni la popolazione di Pescara deve affrontare, si è deciso di riaprire i pozzi sospetti di Castiglione. L'Aca ha, quindi, riattivato l'erogazione dei primi due pozzi sui quali pendeva l'ordine di chiusura del commissario Goio per la presenza di tetracloruro di carbonio. Tu cosa ne pensi? E' preferibile non restare senza acqua o correre rischi igienici per almeno 40 giorni?

BUSSI SUL TIRINO. Sigilli ai pozzi inquinati di Sant’Angelo a Castiglione a Casauria ed emergenza idrica in Val Pescara e sulla costa. Ieri agenti della Forestale, agli ordini del comandante provinciale Guido Conti, hanno chiuso le pompe di captazione di Castiglione in esecuzione del provvedimento firmato dal sostituto procuratore della Repubblica Aldo Aceto, conseguente a sua volta al decreto del commissario del bacino Aterno-Pescara Adriano Goio.

L’operazione è avvenuta mentre a Bussi si concludeva la riunione con i responsabili dei maggiori organismi che gestiscono l’acqua in Abruzzo, convocata proprio dal commissario Goio. A mezzogiorno però l’Aca aveva già chiuso i pozzi, interrompendo l’erogazione di circa 150 litri di acqua al secondo. Intento della riunione: cercare una soluzione condivisa per sopperire alla minore disponibilità di acqua che si sarebbe verificata dopo lo stop alla captazione di Sant’Angelo.

Una soluzione alla fine si è trovata, ma non è stata condivisa: da una parte il commissario Adriano Goio, l’assessore regionale Mimmo Srour e il sindaco di Bussi Marcello Chella; dall’altra i presidenti di Ato e Aca Giorgio D’Ambrosio e Bruno Catena. Il commissario ha ordinato la realizzazione di un nuovo pozzo a San Rocco di Bussi, in una località a monte di tutte le discariche, in grado di poter fornire oltre 300 litri al secondo. I lavori sono iniziati già ieri affidati alla ditta Cericola.

La giunta bussese ha dato mandato a Goio di operare sul proprio territorio, e l’assessore Srour ha promesso una partecipazione in termini di realizzazione di opere e di investimenti per risolvere definitivamente il problema della fornitura di acqua potabile. Rilievi invece sono stati opposti da D’Ambrosio e Catena, che hanno sostenuto la genuinità dell’acqua distribuita dal Giardino a fronte delle analisi da loro effettuate, e portato la proposta di realizzare loro un progetto di captazione di acqua non solo dalle sorgenti di Bussi, ma anche da quelle di San Callisto a Popoli.

Un progetto che avrebbe dovuto essere finanziato dai fondi del commissario. Il sindaco di Bussi e la sua giunta si sono opposti a qualsiasi proposta dell’Ato e dell’Aca: primo perché devono al Comune notevoli somme pregresse quale ristoro ambientale dei pozzi di San Rocco, poi perché portatori di «un progetto inaccettabile» e infine per consolidare la gestione dei fondi direttamente dal commissario, senza ulteriori passaggi.

Goio ha poi concentrato le sue energie a rassicurare i circa 600mila utenti raggiunti in questo periodo dall’acquedotto Giardino: «La chiusura dei pozzi di Sant’Angelo che forniscono circa 150 litri al secondo, influisce solo sul dieci per cento della portata totale dell’acquedotto, un quantitativo che non può generare emergenza.

Alcune zone, quelle a quota più alta potrebbero risentire della minore pressione, ma un uso intelligente dell’acqua da parte degli utenti e per questo periodo limitato di 15 giorni fino all’attivazione di altri pozzi, potrà scongiurare ogni eventuale disagio». Un’intenzione saltata in aria già alle 17, quando a Pescara, Chieti e Francavilla sono iniziate le proteste per i rubinetti a secco.

Al call center dell’Aca gli operatori non sapevano cosa rispondere, mentre l’ingegner Lorenzo Livello ha urlato ai suoi tecnici: «Siamo in emergenza, non si può gestire più niente. Sto impazzendo per regolare l’acqua tra Chieti e Pescara, mancano 300 litri al secondo».

Le parole del direttore tecnico e la velocità con cui i rubinetti sono rimasti a secco in città hanno fatto sorgere un dubbio al deputato di Rifondazione Maurizio Acerbo: «Forse l’acqua attinta dai pozzi di Castiglione per l’acquedotto Giardino era superiore ai 150 litri al secondo. E quindi anche le sostanze inquinanti presenti nell’acqua». (w.te. e l.d.f.)

D’Ambrosio attacca Goio «L’emergenza era evitabile»

PESCARA.
«L’emergenza si poteva evitare. Stavamo controllando l’acqua dei pozzi di Sant’Angelo in entrata e in uscita, e le ultime analisi davano la presenza del tetracloruro di carbonio sotto i limiti di legge. E potevamo continuare a utilizzare l’acqua potabilissima dei pozzi per altri 10 giorni, fino a quando non entrava in funzione il nuovo impianto di Bussi».

Il presidente dell’Ato 4, deputato e coordinatore regionale della Margherita Giorgio D’Ambrosio (nella foto) affonda critiche al commissario di bacino Goio. «Già Rifondazione, con Maurizio Acerbo in testa, ha sollevato un ingiustificato allarme sociale, parlando di acqua avvelenata. Ora ci mancava pure l’emergenza idrica. A soffrire la mancanza di acqua dai pozzi di Castiglione saranno soprattutto Chieti e le città della costa, Francavilla e Pescara in testa. Per non parlare dei rischi sulle condotte che provoca la mancanza di pressione».

Il presidente dell’Aca Bruno Catena ha ieri inviato una nota ai prefetti di Chieti e Pescara e ai 64 sindaci dei Comuni dell’ambito per avvisare che «non si è in grado di assicurare la continuità nell’erogazione del servizio». D’Ambrosio non risparmia critiche neanche alla Regione, e in particolare all’assessorato alla Sanità del compagno di partito Bernardo Mazzocca: «Stiamo ancora aspettando la classificazione delle acque per l’utilizzo del potabilizzatore di Chieti, che da solo potrebbe fornire 500 litri di acqua al secondo», sottolinea il presidente dell’ente d’ambito.

«Ora siamo in emergenza e le città della costa piene di turisti saranno costrette a subire la riduzione e il razionamento delle risorse idriche. Ma la responsabilità non è nostra, così come non siamo stati noi a inquinare le falde da Bussi».

Ecco la terza discarica

BUSSI SUL TIRINO.
A Bussi c’è una terza discarica. Stavolta l’ospite indesiderato si chiama cloroformio (triclorometano). La scoperta è stata effettuata dalla Edison, la società che gestisce la produzione di energia della centrale Turbogas nella fabbrica chimica. I quantitativi della sostanza risultano essere circa trenta volte superiori alla concentrazione della soglia di contaminazione consentita: 42,39 microgrammi per litro contro gli 0,15 ammessi.

I dati sono venuti fuori dalle analisi di campioni dell’acqua prelevata nel sito della centrale. La Edison ha segnalato la presenza della sostanza inquinante alla Regione, alla Provincia, all’Arta e al comune di Bussi. La Edison precisa, tuttavia, che la sostanza, non viene utilizzata nei propri cicli produttivi, declinando ogni responsabilità conseguente.

Il sito è molto esteso, attiguo al fiume Tirino e la falda sottostante è la stessa di quella delle altre due discariche. Forse è stata la psicosi per il tetracloruro di carbonio che ha fatto passare in secondo piano la presenza del cloroformio trovato in concentrazioni di 1,66 microgrammi/litro anche nelle acque delle fontanelle di Torre de’ Passeri.

Il cloroformio viene definito come «un composto nocivo alla salute umana e all’ambiente, a forte sospetto cancerogeno, abbandonato dall’uso medico per la sua tossicità». Era utilizzato per la produzione di gas criogenici come il Freon, usato come fluido refrigerante, uno dei gas serra responsabile del buco dell’ozono.
Walter Teti 

Viaggio nei pozzi inquinati

CASTIGLIONE A CASAURIA.
Il campo dei pozzi d’acqua inquinati dal tetracloruro di carbonio e dall’esaclorometano offrono lo stesso scenario inquietante della prima maxi discarica di veleni chimici scoperta a Bussi: il viadotto dell’autostrada, il fiume a pochi metri di distanza e tutto intorno le montagne.

Alle ore 17,30 di giovedì 2 agosto, alla vigilia della chiusura definitiva dei pozzi decretato dal commissario Goio, il fotografo del Centro è entrato nel campo di Sant’Angelo, a Castiglione a Casauria, e ha realizzato il fotoreportage trovando cancelli aperti e pozzi accessibili a tutti. L’Aca ha spiegato che i lucchetti dei cancelli erano stati tranciati dai vigili del fuoco quando a luglio un grande incendio ha minacciato anche i pozzi.