Francani, nuovo disco «Dico no alle armi  e alla politica dell’odio»

ROSETO. «Non vivo di musica e non è facile vendere le canzoni che faccio. In ogni caso ne vado molto fiero, perché credo rimarranno fresche e fragranti anche quando le riascolteremo fra una ventina d'...

ROSETO. «Non vivo di musica e non è facile vendere le canzoni che faccio. In ogni caso ne vado molto fiero, perché credo rimarranno fresche e fragranti anche quando le riascolteremo fra una ventina d'anni».
Domenica scorsa è uscito, corredato da un video su YouTube, “Non mi rappresentate”, il nuovo singolo di Dante Francani incentrato sull'abuso delle armi, la mala politica e l'inquinamento. Cantautore di Roseto degli Abruzzi, Francani balzò agli onori della cronaca nel 2014 quando con “Tuta blu”, una ballata dedicata alla sua vita lavorativa da operaio metalmeccanico in un’azienda del territorio, trionfò allo Sferisterio di Macerata nella 25ª edizione di Musicultura, il più rinomato festival dedicato alle nuove promesse della musica popolare e d’autore contemporanea. «Dopo la nascita di mia figlia, è stata l'emozione più forte che abbia provato», ricorda Francani, sposato con Erenia e papà di Ludovica, «uno di quei ricordi che ti porti per sempre dentro e che tiri fuori come fosse una medicina».
Sono passati 5 anni dalla pubblicazione del suo primo album ma all’orizzonte non sembra ancora essercene un altro.
«Ci sto lavorando ma siamo parecchio lontani, fare un disco richiede uno sforzo economico ma soprattutto energie psicofisiche».
Un buon punto di partenza può essere però rappresentato da “Non mi rappresentate”, un brano dal titolo e dalle tematiche molto forti.
Nasce dall’esigenza di lasciare ai nostri figli e alle generazioni future un mondo migliore, in cui si dia il giusto peso alle cose. Stiamo infatti vivendo un periodo di grave decadenza socio-culturale, in cui i populismi la fanno da padrona facendo leva sull'ignoranza della gente.
La prima strofa del brano tocca il tema dell'immigrazione, legandolo alla politica.
Oggi noi Paesi occidentali, cosiddetti esportatori di democrazia e civiltà, siamo produttori di armi e fautori di guerre. Se ci fosse una vera politica di disarmo il fenomeno dell'immigrazione sarebbe molto più limitato.
Ascoltando questa canzone sembra di sentire quasi un inno al movimento delle sardine: è un caso?
La canzone l'ho scritta prima che nascesse il movimento. Credo che entrambi siano nati dalla stessa fonte di ispirazione antifascista e antipopulista, oltre che dal modo assolutamente indecoroso di fare politica oggi, per cui o sei dalla mia parte o sei mio nemico, o voti il mio partito o t'insulto.
Torniamo alla canzone appena uscita: nel primo ritornello c'è l'immagine di un quindicenne con la pistola.
Il tema delle armi mi sta molto a cuore. Credo che tutto giri attorno all'industria bellica, la nostra vita è fortemente condizionata da esse. Attraverso le armi si estorce, si ricatta, si sopprime l'essere ed il pensiero. Le armi sono quanto di più antidemocratico possa esistere.
Nel secondo ritornello invece c'è l'immagine di un mare poco pulito.
Chi nasce al mare stabilisce con esso un rapporto particolare, a volte morboso. A tre anni ho messo per la prima volta la maschera, a cinque ho imparato a nuotare nell'acqua alta, a dodici ero già capace di pescare mitili a mani nude. Ho visto il mare ammalarsi lentamente, anno dopo anno. I frutti che pescavo venti anni fa sono quasi completamente estinti.
Cosa rappresenta per lei la musica? Cosa prova nel momento in cui riesce a sedersi di fronte al pianoforte ed inizia a muovere i suoi tasti?
Ascoltare, comporre e suonare musica rappresenta nel suo insieme uno strumento fondamentale per dire una verità, sia essa banale, comica o politica. Scrivere una canzone per me è come dipingere un quadro. Quando suono è come se entrassi in trans e fossi avvolto da un'aurea magica che ti protegge da tutto; anche un pittore immagino si senta così davanti alla tela. Credo che dalla musica si possa ripartire per restaurare l'immagine di un popolo e di un territorio.
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