«La provincia dei miei fumetti è uno stato d’animo» 

La disegnatrice racconta come è nato “Malibù” graphic novel in corsa al Treviso Comic Book Fest

Se i personaggi di “Malibù” dicessero «’Cciassanda» anziché «Fioi», e sui cartelli stradali fosse indicata la fondovalle Sangro e non la statale Romea, “Malibù” di Eliana Albertini (Becco Giallo editore) potrebbe descrivere in maniera abbastanza esauriente la provincia abruzzese. Protagonista della graphic novel della giovane disegnatrice veneta, in lizza come miglior fumetto italiano al Treviso Comic Book Festival (25-27 settembre), è infatti la provincia e con la sua vita quotidiana fatta di umanità e smarrimento, che respinge e che attrae, e che si ritrova uguale da un capo all’altro della Penisola al netto di dialetti e tradizioni. Albertini, 28enne originaria di Taglio di Po, nel 2019 premiata a Napoli come miglior fumettista italiana emergente, con una serie di personaggi e di storie slegate tra loro, ma unite dal filo conduttore di un territorio, racconta in fondo una parte consistente della società italiana, quella ai margini delle grandi aree metropolitane, che da Nord a Sud tende sempre di più ad assomigliarsi.
Albertini come e quando nasce l’idea di raccontare la provincia italiana?
Principalmente dopo un po’ di tempo dal trasferimento a Bologna, dove ho frequentato l’Accademia delle belle arti. Cercavo un mio percorso formativo, e ho capito che la strada più funzionale fosse raccontare ciò che conosco meglio. Quando ho lasciato il posto dove sono cresciuta, vedendolo da fuori, mi è venuta voglia di provare a raccontarlo, di riscoprirlo: mi è sembrata una cosa più stimolante rispetto a quanto poteva essere farlo di una grande città, che è un luogo raccontato da tanti e dove c’è tanto, forse fin troppo, da raccontare ed è facile tirare fuori qualcosa.
Pensa ci sia qualcosa che accomuni le province italiane?
Ho avuto l’impressione di riscontrare un po’ ovunque tratti comuni a livello di umanità e di senso dell’abbandono. Una sorta di sentirsi abbandonati senza la propensione a cambiare, un po’ di passività. Tipico della provincia è quello che si può definire un “atteggiamento da bar”, di chi sta sempre seduto aspettando che qualcun altro faccia qualcosa di positivo.
Che non sembra una cosa granché positiva. Qualcosa di meno negativo?
La lentezza, il potersi permettere di vivere più lentamente, con tempi dilatati: una cosa alla quale io stessa faccio fatica a rinunciare. E poi la persona di provincia si adatta più facilmente alla città, mentre per la persona di città è più difficile capire la provincia.
Lontano dal posto che l’ha ispirato che riscontro ha avuto “Malibù”?
Dopo l’uscita del libro mi sono resa conto che l’Italia in proporzione e più provincia che città, e che certe dinamiche ritornano e si ritrovano in più luoghi. Sono contenta, perché all’inizio temevo fosse un lavoro troppo specifico, che non destasse interesse al di fuori del Veneto dove è ambientato, e invece ho visto che in tanti, di più parti d’Italia, si sono ritrovati in quell’ambientazione. Fa piacere creare qualcosa che accomuna le persone.
Ha un artista in particolare che prende come modello o ce n’è uno che ha ispirato “Malibù”?
In generale non mi ispiro a nessun disegnatore in particolare, ma ce ne sono tanti che mi piacciono. In questo lavoro però mi ha ispirato un po’ “Beverly” di Nick Drnaso, che racconta la provincia americana, con personaggi che ritornano e con storie separate.
Quanto ha ricalcato la realtà questo libro?
Che ci sono io da bimba che seguo la processione dal balcone posso dirlo, ma immaginavo cominciasse una corsa all’identificazione e perciò i personaggi sono tutti inventati. Io volevo raccontare lo spirito della provincia attraverso un territorio, che è stato la base da cui partire: racconti, persone e spunti reali rimescolati tra loro e che danno vita a storie che possono ritrovarsi in Veneto come in Abruzzo.
Conosce la nostra regione?
Attraverso le coinquiline che ho avuto a Bologna, e che mi hanno fatto scoprire “pizza e foje”: piatto che, da vegetariana, mi ha dato subito l’idea di poter essere uno dei miei preferiti.
Ha in cantiere un’altra graphic novel di provincia?
Sto lavorando a una storia più o meno come “Malibù”, ma non sarà un “Malibù 2”, dove ci sono tanti personaggi che si intersecano in modo frammentato e non lineare: stavolta ci sarà un protagonista principale.