Molino Alimonti a rischio chiusura 80 davanti ai cancelli

La protesta dei dipendenti dell’azienda ferma da settembre I sindacati: un’iniziativa per dare la sveglia alle istituzioni
ORTONA. Azienda reticente sulle trattative di cessione in corso, istituzioni assenti dal fronte della vertenza e cassa integrazione straordinaria che scade a fine febbraio. Sono le micce che hanno innescato la protesta dei circa 80 dipendenti di Molino Alimonti, azione che si materializzerà stamattina davanti ai cancelli dello stabilimento di Caldari. Dove la produzione è ferma da settembre mentre in tribunale a Chieti viene esaminata la richiesta di concordato preventivo tra i creditori avanzata lo scorso maggio dalla famiglia Alimonti dopo due anni di crisi galoppante che ha azzerato il fatturato degli anni migliori, salito lo scorso decennio a oltre 100 milioni di euro. Flai-Cgil e Fai-Cisl, protagonisti finora di una lotta sindacale sempre unitaria, avevano incontrato giovedì scorso l'amministratore delegato Francesco Norcia e Giacomo Alimonti in un colloquio che ha sortito il nulla di fatto sulle prospettive di ingresso di nuovi capitali nel marchio delle farine alimentari e di riflesso anche sul possibile ritorno al lavoro nella fabbrica di Caldari. «Niente di nuovo, tutto fermo all'estate del 2012», spiega Franco Pescara, segretario regionale Fai-Cisl, «eppure l'azienda poteva sfruttare questa ennesima occasione per fare chiarezza sulle mosse in atto per l'attrazione di nuovi investitori in grado di rimettere in moto la produzione. Ecco perché ritorniamo davanti ai cancelli». La Flai-Cgil lancia un appello alle istituzioni, dalla Regione al governo centrale, i grandi assenti della vertenza Alimonti. «La protesta», spiega la segrataria regionale di Flai, Ada Sinimberghi, «ha anche l'obiettivo di segnalare alle amministrazioni territoriali e statali che l'ennesimo sito abruzzese di grande valore occupazionale e produttivo sta per chiudere nell'indifferenza generale. Vorremmo interlocutori istituzionali non soltanto per misure di sostegno al reddito, come è già avvenuto col tavolo provinciale, ma per parlare del futuro di una realtà industriale ferma da sei mesi e che necessita ora di strategie di grande respiro, pena la dispersione di un immenso patrimonio».
L'obiettivo minimo rimane il rinnovo della cassa integrazione straordinaria.
Francesco Blasi
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