Cialente non molla: «Niente tricolore»

Non bastano le rassicurazioni del governo dopo gli incontri a Roma Il primo cittadino: «Via il decreto del prefetto». Arriva il viceministro Bubbico

L’AQUILA. «Mi è stato chiesto di tornare indietro in nome della correttezza istituzionale. Ma io non lo farò, perché non posso far finta che nulla sia accaduto. Su di me pende il decreto del prefetto Francesco Alecci, con tanto di diffida e avviso di sfratto. La bandiera nazionale che ho fatto rimuovere dagli uffici comunali e dalle scuole, tornerà a sventolare solo quando lo Stato onorerà L’Aquila. E solo allora tornerò a indossare la fascia che, per protesta contro l’abbandono a cui siamo stati condannati, ho consegnato al presidente della Repubblica».

Stanco, ma deciso a non mollare. A non arrendersi «alla diffida del prefetto, alla minaccia di essere cacciato alla stregua di un sindaco mafioso, ai burocrati dei ministeri per i quali L’Aquila più che un’emergenza rappresenta un fastidio».

Così è apparso il sindaco Massimo Cialente di ritorno ieri pomeriggio dalla trasferta romana. «Mi aspettavo le scuse del governo», ha detto Cialente prima di entrare nell’aula per riferire al consiglio (convocato proprio sui problemi legati alle risorse per la ricostruzione), l’esito degli incontri avuti. «Invece, sono tornati a chiedermi di recedere dalla protesta e di aver ancora fiducia. Il tutto condito da una serie di rassicurazioni, da impegni assunti sullo sblocco dei fondi, quelli previsti dalla delibera Cipe, «che non basteranno, però, neppure a coprire i costi per i progetti già approvati». Un confronto a tratti aspro, come lo stesso sindaco ha confermato, con al centro della discussione proprio il caso del tricolore tirato via. Una protesta che rischia di diventare, vista con gli occhi del governo, «un pessimo precedente».

Da qui l’arrivo oggi in città del viceministro Filippo Bub bico che dovrebbe incontrare sia il prefetto che il primo cittadino (con il quale già ieri si è visto a Roma), con l’obiettivo di trovare una via d’uscita allo scontro istituzionale in atto che rischia di provocare pesanti tensioni in città. Una visita annunciata in serata, mentre era ancora in corso il consiglio comunale ruotato intorno all’intervento del primo cittadino. Cialente ha riferito in aula ciò che poco prima aveva già detto ai giornalisti in attesa del suo ritorno da Roma dove ha incontrato esponenti dell’esecutivo, tra cui i sottosegretari alla presidenza del Consiglio dei ministri Filippo Patroni Griffi e Giovanni Legnini e, per l’appunto, il viceministro dell’Interno Filippo Bubbico. «La locomotiva della ricostruzione è partita, ma abbiamo bisogno di fondi. Ho spiegato che da ottobre tutto è fermo per mancanza di risorse e che abbiamo 2700 pratiche ferme. Ci è stato assicurato per la prossima settimana l’arrivo dei 250 milioni della delibera Cipe (la prima tranche) dello scorso dicembre. Del miliardo aggiuntivo, da inserire nel decreto legge sulle emergenze ambientali, si parlerà nei prossimi giorni in un tavolo tecnico, mentre dovrebbero arrivare – nel giro di una ventina di giorni – i 500 milioni di euro (sempre previsti dal Cipe). Di questa seconda tranche all’Aquila toccherà il 64%».

Impegni, quelli del governo, sui quali Cialente non si è sbilanciato. «Giudicheremo dai fatti l’operato dell’esecutivo, perché troppi finora sono stati gli impegni disattesi. Il governo mi ha chiesto di avere fiducia. Ho risposto che voglio crederci anche questa volta. Sono convinto, però, che la situazione diventerà drammatica se a giugno non ci saranno cantieri aperti. Mi rendo conto di aver fatto un'altra forzatura, con la protesta delle bandiere e restituendo la fascia tricolore. Tuttavia, se ci riflettete, per poter ottenere qualcosa, ogni volta siamo stati costretti a fare delle forzature. Il blocco dell’autostrada, le carriole. Persino le manganellate prese a Roma quando protestammo per le tasse». Quindi il j’accuse nei confronti della classe dirigente aquilana.

«Mi sono chiesto dove sono i costruttori, i sindacati, le associazioni di categoria che attaccano sempre. È arrivato il momento di farsi sentire tutti insieme».

Tornando poi sullo scontro con il prefetto Alecci, Cialente ha aggiunto: «Dal prefetto mi sarei aspettato un sostegno più che una reprimenda o la preoccupazione per il turbamento di ragazzi che non vedono più il tricolore a scuola. Piuttosto, il prefetto che conosce il territorio, dovrebbe sapere che i ragazzi sono turbati perché vivono nelle case mal fatte “di Berlusconi”, perché frequentano scuole di latta, perché hanno genitori disoccupati. Il Comune si sta facendo carico di tutta questa disperazione, non ultimo pagando i buoni pasto alle famiglie che non possono permettersi, altrimenti, neanche di mandare i figli alla scuola materna».

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