Fanghi da smaltire, così l’azienda: «Nessun incenerimento di rifiuti» 

Il caso Sassa. La DiGi srl interviene dopo i timori suscitati da rappresentanti politici e ambientalisti: «L’opera è in linea con le direttive regionali e abbatterà i costi degli utenti, non è una scelta arrogante» 

L’AQUILA. Dopo le polemiche, ecco le precisazioni. La proposta di un impianto di smaltimento dei fanghi derivanti dal trattamento e recupero dei reflui civici nella zona industriale di Sassa continua a tenere banco.
E adesso si arricchisce del punto di vista della società incaricata della sua realizzazione, la DiGi costruzioni srl, in attesa della conferenza dei capigruppo sollecitata dai consiglieri di opposizione Paolo Romano e Simona Giannangeli.
«L’impianto in oggetto applica una tecnologia innovativa ad alta efficienza basata su un nuovo processo di trattamento-recupero dei fanghi derivanti dalla depurazione dei reflui civili, denominato Hydro Thermal Carbonization (HTC)», mette in chiaro l’azienda, precisando come «il progetto rappresenta un vero salto di qualità delle tecnologie applicate al trattamento dei fanghi di depurazione, in grado di concretizzare una riduzione-azzeramento degli impatti ambientali, in linea con i principi di sostenibilità e circolarità della strategia per la transizione ecologica». Quindi entra nel merito delle polemiche sollevate: «L’impianto HTC non incenerisce rifiuti urbani o tossici, tratta esclusivamente i residui di lavorazione (fanghi già essiccati) derivanti dalla depurazione di acque reflue civili. La lavorazione avviene all’interno di un capannone prefabbricato depressurizzato di 2mila metri quadri e non prevede stoccaggi o immagazzinamenti di materiali esterni all’area». Oltretutto, aggiungono i vertici aziendali, «l’iter tecnico-amministrativo che è in corso in Regione Abruzzo relativo alla proposta di realizzazione dell’impianto HTC, è quello previsto dal quadro normativo vigente per i progetti di impianti assoggettati a Valutazione di impatto ambientale (parte seconda del Tua), la cui capacità annuale non supera le 20mila tonnellate di reflui civili da trattare (ritenuto un impianto di medio – piccole dimensioni). Pertanto non si tratta di alcuna scelta arrogante e di portata». Precisazioni anche sulla scelta del sito di Sassa: «In prima battuta si era ipotizzato la realizzazione dell’impianto nel Comune di Tornimparte, ma l’area non è stata ritenuta tecnicamente idonea per assenza delle necessarie urbanizzazioni (viabilità, linea elettriche, linea gas, e linea fognaria), in quanto la zona industriale non risulta essere urbanizzata e avrebbe avuto dei costi esorbitanti la loro realizzazione. Pertanto, è stata scelta dall’azienda l’area industriale attrezzata di Sassa, più idonea e considerata “preferenziale” secondo i criteri di localizzazione previsti dal vigente Piano regionale gestione rifiuti per l’ubicazione di impianti di trattamento/recupero rifiuti». L’azienda ribadisce che «intende operare correttamente per fornire il territorio regionale di una tecnologia ambientale avanzata e sicura che potrà far fronte all’accertata e atavica carenza impiantistica per il trattamento di tali flussi di rifiuti nella nostra regione e che costringe le aziende pubbliche e private del ciclo idrico integrato a smaltire in realtà extra-regionali a costi esosi che in seguito si ripercuotono, questo si in modo rilevante, sulle tariffe di depurazione applicate alle utenze interessate».
©RIPRODUZIONE RISERVATA