Maria Assunta Lancianese, la tabaccaia di via del Santuario a Pescara

Pescara, parla la tabaccaia: «Ho subìto 6 rapine e nessuno ha pagato» 

Maria Assunta Lancianese, 70 anni, domenica è stata immobilizzata e rapinata da due banditi. «Non ho più fiducia nella giustizia»

PESCARA. È grintosa, agguerrita, non ha paura. Ma è anche sfiduciata. Dopo aver subito sei rapine non crede più nel sistema della giustizia perché «non va incontro alle vittime». I responsabili di quei colpi non sono mai stati acciuffati. E se fossero stati presi, dice la commerciante, «non sarebbero finiti in carcere o comunque non avrebbero subito condanne adeguate». Maria Assunta Lancianese, 70 anni, racconta cosa ha provato domenica, poco prima di pranzo, quando due sconosciuti sono entrati nella tabaccheria di famiglia, in via del Santuario, e lei ha cercato di opporsi. Le hanno portato via qualche centinaio di euro ma per fortuna non l’hanno ferita.
Il pensiero della donna va anche alle altre rapine, quelle subite negli anni passati da uomini spesso armati. L’altro giorno, invece, i due non hanno mostrato armi. Mancavano 5 minuti alle 13, un cliente era appena uscito e lei era sola, stava per chiudere l’attività per la pausa pranzo. Si trovava sulla porta quando sono entrati in due, che avevano appena lasciato un’auto di colore chiaro in strada, un pochino oltre il negozio.

leggi anche: Pescara, donna immobilizzata e rapinata in tabaccheria  Due uomini con il volto coperto bloccano la commerciante e s’impossessano dei soldi in cassa. Poi fuggono in auto

«Questa è una rapina», ha detto uno dei due e si è subito diretto dietro al bancone, facendo cadere molti pacchetti di sigarette e alcuni dei dispositivi che la donna teneva sul banco, come il pos per i pagamenti con bancomat. «Ha creato una grande confusione e io gli sono andata dietro, seguendo l’istinto. Pensavo di fermarlo e a quel punto l’altro mi ha fermata, bloccandomi le mani dietro alla schiena. Non li ho visti in faccia, avevano il volto coperto da una specie di passamontagna, si vedevano solo gli occhi. E hanno parlato pochissimo, ma in un italiano corretto. È successo tutto in un paio di minuti e sono andati via immediatamente. Mi sono limitata a dirgli che sono dei delinquenti, poi ho avvertito mio marito e la polizia».
Poi torna indietro con la memoria alla prima e alla terza rapina, «le più brutte», ma anche a quella dell’anno scorso, quando un giovane con il volto coperto le ha chiesto con insistenza i soldi mentre era dietro al bancone, e lei si è trovata all’improvviso una pistola contro. «La prima volta», ricorda, «sono stata davvero male, non dormivo più la notte. Un uomo tutto imbacuccato mi ha ordinato di consegnargli tutto. Lì per lì ho pensato a uno scherzo e invece mi ha puntato la pistola e mi si sono piegate le gambe. Dopo qualche tempo un episodio del genere si è verificato a Chieti, e in quel caso il rapinatore ha sparato e ucciso», dice sempre Lancianese. «Un’altra volta, invece, mi sono spaventata da morire perché con me c’era mio figlio, che è stato spinto, e ho temuto il peggio per lui. E poi ancora in un’altra occasione il rapinatore, che aveva un coltellaccio, se l’è presa con un cliente che si trovava sull’uscio. E gli ha detto di mantenere la porta, altrimenti avrebbe tagliato la gola anche a lui. È sempre schifosamente antipatico», commenta la donna che non capisce il motivo di tanto accanimento. «Sembra quasi che qui ci siano soldi a palate», dice la commerciante che lavora ormai da 52 anni e si sente impotente, di fronte a tanta violenza.
«Forse l’unica soluzione potrebbe essere una pistola, perché le telecamere non servono a niente. Ma se spari a queste persone non vivi più, ci rimetti tu, mentre loro vengono rimessi subito in libertà. C’è stata una volta in cui avrei potuto sparare, se avessi avuto un’arma, perché il rapinatore non mi ha vista. Gli potevo sparare alle spalle, ma che cosa ne sarebbe stato di me?».
La donna accoglie e serve clienti in continuazione, appare sorridente e spigliata con tutti. Non si è fermata neppure un attimo, dopo la rapina. Domenica pomeriggio era già al lavoro, perché aveva assicurato la sua presenza a un cliente, e non poteva mancare, in tabaccheria. «Ma penso sempre che potrebbe venire qualcuno da un momento all’altro. E, per difendermi, non posso pensare di mettere qualcuno qui fuori a fare la guardia. Certo, ho sbagliato a reagire di fronte ai rapinatori ma in queste occasioni non si ha il tempo per pensare. E mi fa piacere che non ci fosse mio figlio, perché avrebbe rischiato». Poi, per scacciare i brutti pensieri, si mette in moto per sistemare qualche addobbo di Natale.
©RIPRODUZIONE RISERVATA