Prostituzione a Pescara, in strada 50 ragazze a sera ma il business è nelle case

Dopo il centro massaggi cinese chiuso dalla polizia per un presunto giro di prostituzione, spunta una nuova mappa del sesso a pagamento in città

PESCARA. Cinquanta ragazze in strada ogni sera sulle strade pescaresi. Ma in periodi di magra, perché in estate e durante i fine settimana aumentano di pari passo con la domanda, sempre più esigente e variegata. È un numero che colpisce, ma soprattutto perché, a sentire la polizia che due giorni fa ha chiuso un centro massaggi sexy, rappresenta solo la punta dell’iceberg di un fenomeno in espansione soprattutto nelle abitazioni, nei night e in apparenti centri massaggi.

«Troppe case sfitte, troppi appartamenti vuoti», dice Antonello Salvatore, dell’associazione On the road, «è il momento di affrontare il fenomeno a tutti i livelli mettendo da parte moralismi o, al contrario, toni compassionevoli, iniziando a concentrarci soprattutto sulla domanda, sui clienti». Clienti dal profilo trasversale, come spiega il capo dellaMobile Pierfrancesco Muriana che con i suoi uomini negli anni scorsi e senza andare troppo lontano ha annientato bande di sfruttatori che si contendevano i marciapiedi della Pineta, e intervenendo, dopo le segnalazioni di amministratori di condominio e inquilini, in vere e proprie case di appuntamento. «Sono giovani, anziani, scapoli, sposati, persone con difficoltà di approccio con le donne che ormai arrivano a Pescara anche da fuori provincia grazie all’offerta variegata e sempre nuova, sia da un punto di vista delle ragazze che di modalità, vedi marciapiedi o luoghi al chiuso». Ma ovviamente quello che avviene nelle case è più difficile da monitorare e anche da provare come reato, che in tema di prostituzione può andare, nei confronti del titolare dell’appartamento, dallo sfruttamento al favoreggiamento.

Quello che avviene invece per strada è ben monitorato, sia da parte delle forze dell’ordine sia dalle associazioni come “On the road”, storicamente impegnata su prostituzione e tratta, sia della Caritas che proprio in questi giorni sta ridisegnando la mappa cittadina delle ragazze in strada.  Romene soprattutto, come riferisce la Mobile, con piccole percentuali di albanesi e bulgare, che hanno monopolizzato la zona della Pineta, tra via della Bonifica e il lungomare sud, ma anche l’area intorno alla stazione, tra via Ferrari e via De Gasperi e sul lungomare nord, appena dopo la rotonda Paolucci. Ci sono poi le nigeriane, concentrate invece nella zona della Pineta di Montesilvano a cui seguono, nella zona dei grandi alberghi i transessuali, quasi tutti di origine sudamericana. Con la crisi sono arrivate anche le italiane, che però, a parte alcune tossicodipendenti che si stanno espandendo lungo la Tiburtina, preferiscono le case.

«È un fenomeno che racconta gravi disagi sociali in cui rientrano le straniere che arrivano da paesi poveri e sperduti, ma anche le italiane tra cui abbiamo incontrato ragazze totalmente analfabete».

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Discorso a parte la prostituzione maschile. Di fatto, quella monitorata dagli addetti ai lavori riguarda i transessuali, salvo poi qualche caso sporadico di ragazzi giovani, spesso romeni senza fissa dimora, che si prostituioscono nella zona della stazione. A queste macroaree si aggiungono poi zone di espansione. La Caritas, che a distanza di due anni dall’ultima sta aggiornando la mappa delle presenze in strada, ha individuato ragazze intorno all’ospedale, in via Raiale, e a Francavilla Foro. «Il problema», rimarca ancora Salvatore, «è sì il degrado sociale di queste persone, ma anche una domanda che nella nostra area metropolitana è tra le più alte d’Italia dove oeraltro già si parla di una media di un uomo su tre che cerca una prostituta». Ovviamente a beneficiarne sono i protettori, che in strada quasi non vanno più, affidando guadagni e ragazze alle donne più esperte che iniziano anche a mettersi in proprio soprattutto nella gestione delle case.

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