Scontri prima di Pescara-Roma: 7 condanne, assolti tutti i pescaresi 

Dopo quasi dieci anni, arriva la sentenza sui tafferugli che precedettero l’amichevole all’Adriatico Sei mesi (pena sospesa) ai tifosi giallorossi. Ma la procura aveva chiesto 4 anni per 20 dei 21 imputati

PESCARA. In 21 sono finiti sotto processo per i tafferugli che precedettero la partita amichevole dell'8 agosto 2010 tra Pescara e Roma. E a distanza di ben 10 anni, ieri è arrivata la sentenza emessa dal tribunale collegiale presieduto dal giudice Maria Michela Di Fine: sei mesi di condanna per sette dei dodici romani coinvolti, tutti gli altri assolti, compresi i nove tifosi del Pescara.
Il pm Rosangela Di Stefano, che alla precedente udienza aveva cambiato uno dei capi di imputazione contestando anche il concorso morale nel reato di resistenza a pubblico ufficiale, aveva chiesto la condanna per tutti a 4 anni di reclusione ciascuno, a eccezione di uno dei pescaresi (difeso dall'avvocatessa Giulia Lauriti): assoluzione di quest'ultimo, poi confermata dal collegio. E sempre il pm aveva chiesto l'applicazione della prescrizione per l'altro reato contestato e cioè quello relativo alla violazione della normativa a tutela della correttezza nello svolgimento di manifestazioni sportive. Il pm aveva parlato nella sua requisitoria di un vero e proprio scontro tra opposte tifoserie, di un antico odio tra le due squadre, sottolineando come qualcuno dei testi aveva definito una "genialità" l'organizzazione di quella partita amichevole.
L'accusa aveva evidenziato anche la violenza inaudita rispetto a un incontro che doveva essere piacevole e ludico, citando anche gli scontri post partita, che nulla avevano a che vedere con il processo, dove si verificò anche un accoltellamento. «In dibattimento, dai filmati proiettati in aula», ha detto uno dei difensori dei romanisti, «ci aspettavamo una vera e propria guerriglia come spesso ci vengono descritte in tv: niente di tutto questo. Non c'è stato un solo teste che abbia riferito sulla dinamica degli scontri e sulla posizione dei singoli imputati. Peraltro, il Pescara era in serie B e non incontrava la Roma dai primi anni '90 e quindi non c'era alcun antefatto storico per scontrarsi come invece ha sostenuto l'accusa. Possiamo invece affermare che c'è stata soltanto una grande pecca da parte degli organizzatori della partita». Una tesi che solo parzialmente è stata accolta dal collegio che ha condannato i sette romanisti per oltraggio e resistenza alla polizia, che cercava di evitare lo scontro fisico tra i due gruppi di tifosi. Nel rinnovato capo di imputazione la procura parlava degli imputati affermando che «esasperando il clima già teso dell'incontro di calcio, agitando cappucci e foulard, brandendo cinghie, bottiglie e aste di bandiere, e così creando un clima di difficile governabilità per le forze dell'ordine, rafforzavano il proposito criminoso dei molti presenti che, da entrambe le tifoserie, usavano violenza e minaccia contro i poliziotti intenti a evitare lo scontro tra le opposte tifoserie».
Colpisce in negativo la durata del procedimento: 5 anni per arrivare all'udienza preliminare del 2015; 2 per iniziare il processo (nel 2017) e ben tre udienze perse per arrivare a completare le notifiche a tutti gli interessati.