Zazzara boccia corso Vittorio pedonale

L’architetto e docente universitario stronca l’iniziativa del Comune: «Sembra la corsia d’emergenza dell’autostrada»

PESCARA. La parziale pedonalizzazione di corso Vittorio Emanuele II, possente spina dorsale della viabilità cittadina, non piace a tutti. E non poteva essere altrimenti, visto che comporta un cambiamento a tutto tondo, anche della abitudini dei pescaresi e dei tanti abruzzesi che, ogni giorno, si riversano nella città più frenetica e attiva d’Abruzzo. Il giudizio di Lucio Zazzara, architetto e docente universitario, equivale a una carezza con un guanto di carta vetrata: «Sarò un malpensante, ma ho la sensazione che si continui a navigare a vista, con improvvisazioni retoriche e soprattutto sconnesse da una visione organica della città e del suo futuro».

L’architetto pescarese spiega le sue perplessità su quanto approvato dal Comune (a gennaio il bando di gara) e punta con decisione il dito sulla giunta guidata dal sindaco Luigi Albore Mascia. «Corso Vittorio, la grande strada che attraversa l'intera città, l'asse che mi fa venire in mente nientemeno che la Gran Via di Barcellona che, similmente, corre parallela al mare e ordina tutta la città ottocentesca. Provo a immaginarmela pedonale e mi assale una sensazione sgradevole, come se avessi deciso di fare una passeggiata lungo la corsia d'emergenza dell'autostrada, qualcosa così...».

Nel dettaglio, il progetto prevede la chiusura del corso dall’altezza della vecchia stazione ferroviaria a via Teramo, ma i mezzi pubblici, taxi compresi, e i possessori di garage potranno transitare, anche se a velocità ridotta. Il traffico ordinario verrà dirottato sulla strada limitrofa al grande parcheggio dell’area di risulta, lato mare, dopo gli indispensabili lavori di adeguamento e messa a norma.

«Ma perché?», si chiede Zazzara riprendendo il discorso della spiacevole sensazione provata davanti al progetto. « In fondo, le aree pedonali non sono male. Anzi, mi sono sempre piaciute. La prima ragione è di carattere architettonico: uno spazio pedonale è come una piazza e ha bisogno della giusta dimensione, della corretta proporzione tra le parti che racchiudono lo spazio e di una forte identità architettonica. Di una particolare qualificazione delle quinte. Se non è così, lo spazio non funziona, è solo un'area non edificata, inutile e repulsiva; tutt'altro che corso Umberto e via Firenze o piazza Salotto. Di slarghi insignificanti e repulsivi è pieno il mondo e Pescara non fa eccezione. Chi ha pensato, qualche decennio fa, di rendere significativo il vuoto lasciato dalla stupida demolizione del teatro Pomponi ricorrendo alla denominazione di piazza I Maggio, ha dovuto ricredersi, mentre tutta la città è stata costretta ad accettare la cancellazione di un segno identificativo, della storia, del costume e dell'architettura. Per non parlare dell'area di risulta dell’ex stazione ferroviaria, che si vorrebbe risolvere con il "vuoto urbano" e un teatro, inutile e progettato chissà da chi. Eppoi, quand'anche avesse senso la pedonalizzazione di corso Vittorio, continuerebbero a transitare centinaia di veicoli pubblici di tutti i generi, oltre agli autorizzati, rendendo di fatto inutile l'eliminazione del traffico privato. Sono convinto , invece, che la strada abbia una sezione tale da consentire lo svolgimento della funzione attuale migliorando molto, al tempo stesso, la dimensione pedonale con un'adeguata riprogettazione (riduzione delle carreggiate, eliminazione degli spazi di sosta, ampliamento e caratterizzazione dello spazio pedonale, nuova e più consistente alberatura).

La seconda questione riguarda l'idea di città che sorregge una tale decisione. Un'idea non teorica, per favore, ma costruita con piena consapevolezza tecnica perché la città ha un disperato bisogno di una mobilità che funzioni, che consenta al traffico privato di muoversi organicamente a quello pubblico e che offra una valida alternativa con una vera una rete ciclopedonale (che non è la pista ciclabile del lungomare o lungo l'Asse attrezzato), capace di far muovere la popolazione – soprattutto le componenti più sensibili: bambini, anziani, diversamente abili, ecc.– per tutto il territorio, senza pericolo per l’incolumità e con criterio. Non voglio credere che l'amministrazione di questa città ignori che le alternative a corso Vittorio Emanuele siano poche, inconcepibili come assi di scorrimento e già in condizioni critiche, come la via Salara».(m.c.)

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