PESCARA

Zamparelli, storia della dinasty del fischietto: da nonno Michele a Davide

Tre generazioni di arbitri: il più anziano è entrato nell'AIA nel 1968, il più giovane gioca ancora ma ha già intrapreso la carriera da direttore di gara

PESCARA. “Sono cresciuto in una famiglia in cui si è sempre parlato di calcio, infatti, sono 11 anni che ci gioco. Da piccolino andavo a vedere le partite con mio nonno, osservatore arbitrale…ed ora eccomi vivere la bellezza del calcio a 360 gradi: sono sia arbitro sia calciatore”. Questo è l’inizio del racconto di Davide Zamparelli, giovanissimo arbitro della Sezione AIA di Pescara. Una storia apparentemente come tante altre ma condita da da un dato molto particolare: Davide rappresenta la terza generazione della famiglia Zamparelli nella storia della sua Sezione.

“Mio nonno Michele è entrato nell’ AIA nel 1968, ha arbitrato per molti anni nelle categorie nazionali, fino alla Commissione Nazionale Arbitri di Serie C, per poi diventare osservatore arbitrale in Serie D - ha detto Davide - . Ora è Benemerito e si dedica solamente alla crescita degli arbitri degli ultimi corsi. Daniele, mio padre, fece il corso nel 1996. Per 4 anni ha calcato i campi della Serie D poi, motivi di lavoro e famigliari, non hanno più permesso di conciliare la vita privata con la sua passione”.

E poi è arrivato il momento della "chiamata" di Davide: “Insieme ad un mio amico, compagno di calcio nella Durini Pescara, ci siamo iscritti al corso arbitri. Il caso ha voluto che, nella mia gara d’esordio, dovessi arbitrare la mia stessa squadra: la gara era, infatti 2000 Calcio Montesilvano contro la Durini Pescara: avevo una grande emozione mista alla paura di sbagliare. Ma una volta scesi in campo mi sono subito sentito a mio agio, come se tutto mi venisse spontaneo. In tribuna avevo due osservatori-formatori d’eccezione: mio padre e mio nonno, oltre a molti miei amici della sezione. Nonostante la sconfitta della Durini, il giorno dopo la gara, agli allenamenti, ho ricevuto tantissimi complimenti da compagni, dirigenti e genitori”.

Com'è vivere in una famiglia di arbitri? “Avevo molto timore dei giudizi provenienti dall’intero ambiente ma soprattutto da mio padre e da mio nonno - ricorda il giovane arbitro di Pescara - . Menomale che hanno valutato positivamente la mia gara: per essere un esordio erano molto molto soddisfatti. Mi hanno dato utili consigli che mi serviranno nel mio percorso di crescita".

L’arbitraggio è una grande palestra di vita per Davide: “Alla mia età, sto acquisendo un grande livello di maturità e questo m'incoraggia ad andare sempre avanti, senza mai arrendermi, sperando che questa nuova dimensione del calcio che non avevo mai provato fino ad ora, mi faccia divertire”.