Zio Gaetano festeggia i cento anni A 98 è scappato dal Venezuela 

Era emigrato nel ’56 in cerca di fortuna. Il racconto: «Ora in quel Paese c’è solo disperazione e miseria Ho affrontato da solo il viaggio in aereo, lì sopravvivevo a stento grazie alla pensione di guerra» 

SANT’OMERO. Zio Gaetano conserva uno scrigno di ricordi poco piacevoli del suo passato. La guerra, la fame, la vita da emigrato in Venezuela in cerca di futuro e fortuna, la dittatura nel Paese del petrolio, il ritorno in Italia per non morire di stenti. Perché a 98 anni è tornato nel suo paese, Garrufo di Sant’Omero, dove da poco ha festeggiato cento anni. Circondato dall’affetto del nipote e dei pronipoti. Gaetano Giovannini non è sposato e non ha figli. È lucido nei ricordi, parla veloce in italiano inframezzando le parole con lo spagnolo. Per uno che dal 1956 ha vissuto in Sudamerica è normale. I suoi ultimi anni di vita sono avventurosi. Aveva 98 anni quando, da solo, con tre valigie al seguito, ha prenotato il volo Caracas-Roma Fiumicino per tornare in Italia, nella sua Sant’Omero. La fame, la disperazione per il futuro cancellato nella terra martoriata dalla dittatura lo hanno spinto al sacrificio: il lungo viaggio in aereo in Italia. Tempra forte e carattere deciso il suo. Le 100 candeline non le sente. Sta in piedi a parlare, brinda al secolo di vita, ringrazia tutti per l’affetto. Gli hanno fatto visita anche il sindaco di Sant’Omero Andrea Luzii e la capogruppo di maggioranza Fausta De Ascaniis che hanno donato un mazzo di rose rosse e una targa.
Gaetano Giovannini è nato nel 1921. Fino al 1952 è vissuto a Sant’Omero dove ha iniziato il mestiere di barbiere. Poi il volo in Venezuela per fare lo stesso lavoro nell’allora Eldorado, Caracas. C’è stato un anno per poi tornare in Italia fino al 1956, quando è partito nuovamente per il Sudamerica. Da allora non ha fatto più ritorno se non per due rapide vacanze nel 1980 e nel 1989. Poi il declino del sogno. La svalutazione, la dittatura, la fame. «In Venezuela ho vissuto grazie alla mia pensione italiana di guerra che tramite il consolato italiano continuavo a percepire», racconta zio Gaetano, «in Venezuela ho lavorato ma non mi hanno dato la pensione. Quello che avevo messo da parte non ha più valore. Pensate, a suo tempo un chilo di farina costava un Bolivar e oggi ce ne vogliono due milioni. La fame e la miseria sono tremendi laggiù. Morire là o tornare nel mio paese era la scelta che mi era rimasta da fare. Grazie alla mia pensioncina ho fatto il biglietto e sono partito, aiutato dalla brava gente che ho conosciuto in Venezuela. Mio nipote Franco e la mia pronipote Silvia mi hanno seguito in ogni istante fino all’imbarco. Atterrato a Roma non sapevo come contattare Franco. A uno straniero che parlava poco italiano ho dato il numero di mio nipote e mi ci ha fatto parlare, usando il suo telefono. Franco era all’aeroporto, l’incontro è stato commovente e sono tornato con lui nella mia Garrufo». Gaetano riannoda i ricordi della guerra e della disperazione. Parla commosso. Poi torna sereno. Infine rivela la ricetta della sua longevità che sta nell’aver mangiato tutto, con un buon bicchiere di vino quando poteva. E ringrazia tutti per l’affetto che riceve, scandendo uno ad uno i nomi dei cari che lo assistono: Franco, Silvia, Vincenzina, Dora.
«È un onore e un piacere poter festeggiare il nostro Gaetano», dice il sindaco Luzii nella visita accompagnato dalla capogruppo comunale di maggioranza De Ascaniis, «è un testimone del tempo capace di arricchire con la sua esperienza coloro che lo circondano e la nostra comunità». E ora zio Gaetano, rientrato dal Venezuela in Italia sperando di festeggiare qui i cento anni, aspetta di poter spegnere 101 candeline. «Mi sento bene», dice, «e spero di continuare a vivere».
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